Acquistare casa: verifiche preliminari, proposta e clausole

Chi è interessato a comprare casa, nelle fasi iniziali della trattativa e soprattutto all’atto della sottoscrizione di una proposta d’acquisto, è in una condizione di svantaggio informativo, ovvero deve fidarsi del venditore e dell’eventuale mediatore immobiliare riguardo alle condizioni dell’immobile dal punto di vista urbanistico-edilizio, impiantistico, ipotecario, della titolarità e provenienza, dei gravami condominiali, e simili. Ma questi interlocutori non sono tenuti a conoscere la situazione dell’immobile, e il compratore deve procedere autonomamente ai controlli.

La proposta d’acquisto e la posizione di svantaggio dell’acquirente.

L’acquirente interessato a comprare casa (o meglio tecnicamente, il promissario acquirente, anche indicato come “promittente acquirente” o “proponente” in base al contesto 1 ), nelle fasi iniziali della trattativa e soprattutto all’atto della sottoscrizione di una proposta d’acquisto, è in una condizione di svantaggio informativo, ovvero deve fidarsi del venditore e dell’eventuale mediatore immobiliare riguardo alle informazioni sulle condizioni dell’immobile dal punto di vista urbanistico-edilizio, impiantistico, ipotecario, della titolarità e provenienza, dei gravami condominiali, etc.

Poco male, si dirà, dato che l’agenzia immobiliare è li apposta per informare completamente l’acquirente e che, infine, ci sarà un notaio che garantirà tutto. Ma, tecnicamente, non è proprio cosi: bisogna intendersi su ciò che significa “informare” e “garantire”, e quali sono i limiti. A sostegno della tesi che l’acquirente abbia necessità di tutela, da tempo le associazioni dei consumatori e il Consiglio Nazionale del Notariato hanno predisposto alcune guide per il cittadino (tra le quali la Guida “Garanzia Preliminare” e la Guida “Acquisto Certificato” ), proprio per ridurre i rischi e le incertezze dell’acquirente.

In sostanza, per anticipare la conclusione dell’articolo, qualora l’acquirente voglia avere certezze e garanzie sulle condizioni attuali dell’immobile (condizioni giuridiche, fiscali, urbanistiche, edilizie, vincolistiche, ipotecarie, catastali, impiantistiche, e simili) e qualora voglia essere nelle condizioni di poter valutare compiutamente tutti gli aspetti immobiliari per poter fare una proposta economica, dovrà provvedere a chiedere al venditore una serie di documenti e informazioni, oppure dovrà provvedere autonomamente ad eseguire alcuni accertamenti importanti, anche mediante un professionista di fiducia, oppure incaricando l’agenzia stessa in qualità di consulente (e non in qualità di mediatrice), apponendo eventualmente delle condizioni sospensive alla proposta d’acquisto. Queste indagini ed accertamenti sono tecnicamente definite Due Diligence 2 immobiliare, che consiste nella raccolta e analisi di tutta una serie di documenti, che sono elencati nel seguito dell’articolo.

Faccio notare che la legge non obbliga il venditore a produrre o a consegnare all’acquirente la maggior parte dei documenti oggetto della Due Diligence. Ai fini della redazione di una proposta d’acquisto o di un contratto preliminare di vendita, oppure della sottoscrizione del rogito, il venditore è obbligato a fornire solo alcuni documenti e informazioni, mentre tutta una serie di fatti e circostanze sono solo “dichiarati” dal venditore nella proposta/preliminare/rogito. Tuttavia, sarebbe buona prassi che il venditore, aiutato e supportato da un proprio tecnico di fiducia o dall’agenzia immobiliare ancorché non obbligata, ancora prima di coinvolgere il notaio, provveda a raccogliere la maggior parte della documentazione relativa al proprio immobile, in modo da poterla mettere a disposizione dell’acquirente durante le prime fasi della trattativa.

Vediamo quale è il “problema” della proposta d’acquisto, quali sono i soggetti in gioco, i loro compiti e le responsabilità. Dopodiché vedremo quali sono le verifiche e i documenti che l’acquirente dovrebbe controllare o richiedere.

Da proposta irrevocabile d’acquisto a preliminare di vendita.

L’acquirente trova una casa (tecnicamente e più genericamente una “unità immobiliare”) che potrebbe interessargli, visita il quartiere e il contesto, dopodiché fa uno o due sopralluoghi con l’agenzia immobiliare presso l’immobile. Gli vengono date alcune informazioni riguardo al condomìnio, alla proprietà, all’unità immobiliare e anche alla provvigione di agenzia. Arriva il momento di fare un’offerta e, in genere, l’acquirente poco informato pensa che tale offerta, da redigere su un foglio prestampato (la cosiddetta Proposta d’Acquisto 3), sia solo un semplice documento interlocutorio senza particolari vincoli con il quale iniziare una trattativa con il venditore per proporre una cifra, alla quale dovrebbe seguire una fase di discussione delle condizioni di vendita e di verifica della documentazione dell’immobile, fino ad arrivare al momento di una stesura formale di un Preliminare di vendita (il cosiddetto “compromesso”).

Ma normalmente non è cosi. In genere la Proposta d’acquisto contiene una clausola per la quale, se il venditore accetta la proposta che avete firmato, questa “si perfezionerà in vincolo contrattuale (contratto preliminare) allorquando il promissario acquirente avrà conoscenza dell’accettazione della proposta da parte del venditore”. In pratica, nel momento in cui il venditore vi comunica che ha accettato la vostra offerta, vi trovate automaticamente ad essere entrambi giuridicamente vincolati in un contratto, mentre voi pensavate di essere ancora in una fase interlocutoria. E’ per questo motivo che la Guida del Consiglio Nazionale del Notariato consiglia di procedere con precauzione:

Il preliminare di vendita, o “compromesso”, è il contratto con il quale il venditore e l’acquirente si obbligano a concludere una compravendita, stabilendone modalità e termini. Serve a impegnare le parti per il tempo necessario a risolvere eventuali problemi che non consentono la vendita immediata: ad esempio per l’acquirente la ricerca di un finanziamento e per il venditore la consegna di una nuova casa. Con la firma del preliminare il venditore e l’acquirente assumono un obbligo giuridico di concludere un contratto definitivo di compravendita con il quale si trasferisce la proprietà (o altro diritto reale) di un immobile.

E’ importante distinguere il preliminare dalla proposta d’acquisto, che impegna solo la parte che l’ha firmata. La proposta d’acquisto – di solito un modulo prestampato fornito dall’agenzia immobiliare – è la dichiarazione dell’acquirente di voler acquistare un certo bene a un certo prezzo.

La proposta d’acquisto deve essere accompagnata normalmente dal versamento di una somma di denaro a titolo di “caparra”. Tale somma resta “bloccata” (e quindi viene sottratta alla disponibilità dell’acquirente) per tutta la durata di validità della proposta di acquisto. Nel frattempo il venditore è libero di valutare anche altre offerte. Quindi non è certo che a fronte del “sacrificio” subìto dall’acquirente l’affare venga concluso. La sottoscrizione del preliminare, che è anch’essa normalmente accompagnata dal versamento di una determinata somma di denaro a titolo di “caparra”, impegna, invece, da subito entrambe le parti.

E’ quindi sempre preferibile stipulare un preliminare; tuttavia nel caso si debba sottoscrivere una proposta d’acquisto è consigliabile:

  • fissare una durata la più breve possibile;
  • prevedere una caparra minima.

Fino a quando la proposta d’acquisto non è accettata dal venditore, l’acquirente può cambiare idea, a meno che essa sia stata formulata come proposta irrevocabile per un dato periodo nel qual caso la revoca, per quel periodo, è inefficace. Occorre ricordare tuttavia che nel momento in cui la proposta dell’acquirente viene accettata dal venditore, con la firma di quest’ultimo si conclude di fatto il preliminare di vendita, che avrà le clausole indicate nel testo rigido, di solito prestampato, della proposta d’acquisto.

Spesso, per tener conto delle più varie esigenze delle parti, si firma un nuovo preliminare, più specifico e articolato, che sostituisce il modulo prestampato. Per esempio, dopo la firma della proposta, l’acquirente si può rendere conto che il termine di pagamento del prezzo non coincide con il termine di finanziamento della banca; oppure il venditore si può accorgere che la casa in vendita non ha gli impianti interni a norma di legge. Se non si segnalano queste particolarità in un nuovo compromesso, il preliminare resta regolato dalla legge e pertanto il pagamento e la consegna devono avvenire il giorno della vendita, la casa non deve avere alcun vizio, e così via.

Tuttavia per la stipula del nuovo preliminare, a modifica e ad integrazione delle disposizioni contenute nella proposta d’acquisto accettata dal venditore, serve l’accordo di entrambe le parti, in mancanza del quale o ci si ritira dall’affare (perdendo o dovendo restituire il doppio della caparra) o si è costretti a rispettare gli impegni assunti con la sottoscrizione della proposta d’acquisto. Quest’ultima eventualità consiglia di evitare la sottoscrizione di proposte d’acquisto il cui contenuto non coincida con quello di un vero e proprio preliminare (specie per quello che riguarda le modalità di pagamento del prezzo, la descrizione dell’immobile e le garanzie).

E’ quindi consigliabile farsi seguire da un professionista esperto già al momento della firma della proposta di acquisto o di vendita e, a maggior ragione, al momento della firma del contratto preliminare vero e proprio. 4

In pratica, una volta che la Proposta diventa Contratto Preliminare (attraverso l’automatismo della clausola sopracitata), qualora l’acquirente volesse ripensarci e non adempiere al contratto senza giustificato motivo, questi potrà perdere la caparra confirmatoria 5 che ha consegnato (per recesso del venditore) o, in alternativa, potrebbe essere obbligato al risarcimento dei danni (per risoluzione del contratto), o potrebbe anche essere obbligato all’acquisto (se il venditore ricorre all’esecuzione forzata in forma specifica 6, rivolgendosi al giudice ed ottenendo una sentenza sostitutiva del contratto); inoltre, l’acquirente dovrà comunque pagare la provvigione all’agenzia 7, salvo ulteriori penali indicate nella proposta. Percui, è consigliabile che l’acquirente firmi una proposta d’acquisto se e solo se ha piena conoscenza di ciò che sta firmando e solo qualora abbia fatto le verifiche necessarie sull’immobile, qui sotto riportate.

Ma quali sono i limiti delle dichiarazioni del venditore, delle informazioni dell’agenzia immobiliare e delle verifiche del notaio?

Il venditore e le “dichiarazioni”.

Nella proposta di acquisto il venditore deve “dichiarare” alcune condizioni e situazioni dell’immobile (ad esempio, che l’immobile non presenta vizi, che l’immobile è conforme alle norme vigenti, che non sono state deliberate spese straordinarie, etc.). Si può pensare che tale dichiarazione sia una tutela forte, e che ci si possa rivalere sul venditore se in futuro dovessero sorgere vizi o problemi. Ma in realtà, tale dichiarazione non equivale ad una “certificazione tecnica” delle condizioni dell’immobile, e in ogni caso le responsabilità del venditore si prescrivono entro un certo periodo di tempo per i vizi 8. In quest’ultimo caso, l’acquirente (ormai nuovo proprietario) potrà fare causa al precedente proprietario solo nei limiti dei tempi di prescrizione e decadenza, e solo se si può dimostrare che il precedente proprietario era a conoscenza dei vizi.

Fortunatamente, alcune (non tutte) di queste dichiarazioni obbligatorie saranno verificate dal notaio all’atto del rogito attraverso i documenti ufficiali (ad es. le visure ipotecarie, o l’atto di provenienza); altre dichiarazioni saranno verificate mediante documenti che il venditore dovrà consegnare all’atto del rogito (ad es. le dichiarazioni di conformità degli impianti, se esistono). Tuttavia, alcune di queste dichiarazioni sono relative a fatti che né il notaio né l’agenzia hanno l’obbligo di verificare (vedi spiegazione ai relativi paragrafi). Eppure, alcuni di questi fatti sono fondamentali per le valutazioni sulla regolarità dell’immobile, in particolar modo la conformità urbanistico-edilizia.

Infatti, può accadere che il venditore dichiari (in buona o mala fede) che l’immobile è regolare sotto il punto di vista urbanistico-edilizio, ma si scopra successivamente che l’immobile è gravato da abusi edilizi, che possono anche rendere nullo l’atto di compravendita. In questo caso non ci sono prescrizioni, dato che le irregolarità non cadono sotto la garanzia per i vizi della cosa venduta 9, ma sotto le garanzie per cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi 10 11, e quindi è necessario valutare il tipo di abuso per poter definire se l’atto di trasferimento sia valido o nullo (eventualità rara, che può accadere solo per immobili realizzati in “totale difformità” dal titolo edilizio). Normalmente è più probabile che si scoprano delle difformità minori, che non rendono nullo l’atto, ma che non è auspicabile scoprire a posteriori.

Nel migliore dei casi, il venditore possiede tutta la documentazione tecnico-amministrativa sull’immobile (licenza edilizia e agibilità; atto di fabbrica; ultimo titolo edilizio legittimante lo stato di fatto; certificati di impianto; verbali di assemblea condominiale; etc.); nel peggiore dei casi, il venditore non ha in mano alcuna documentazione e potrà solo fare le dichiarazioni di rito, parte delle quali saranno verificate dal notaio come si diceva prima. Ma il problema è che l’acquirente non può aspettare il rogito prima di sapere se sta acquistando un immobile “sano” dal punto di vista edilizio, contabile e amministrativo. Le verifiche dovrebbero essere fatte prima di poter fare un’offerta economica, anche perché la presenza di difetti o di irregolarità può incidere sul valore economico dell’immobile, e l’acquirente potrebbe chiedere un maggiore sconto sul prezzo di vendita. Pertanto, l’acquirente dovrà verificare in autonomia questi fatti prima della firma della proposta, oppure dovrà inserire nella stessa proposta alcune clausole sospensive, di cui si riporta un elenco più sotto.

L’agenzia immobiliare e l’obbligo di “comunicare”, ma non di “garantire”.

L’agenzia immobiliare, o il mediatore in genere, non hanno uno specifico obbligo nelle verifiche tecniche o ipotecarie riguardo all’immobile. Il ruolo principale dell’agente è quello di mettere in contatto i contraenti 12 e di comunicare loro i fatti e le circostanze a lui note 13 con la buona diligenza, ma ciò non significa che il mediatore ha l’obbligo di fare ricerche o di certificare tali circostanze, come ribadito dalla sentenza della Cassazione n. 19075/2012 14, così commentata in una rivista di diritto (“neldiritto.it”, link non più attivo) (il neretto non era presente nell’originale):

Per quanto concerne la funzione, secondo il disposto dell’art. 1754 c.c , il mediatore mette in relazione le parti, onde favorire l’instaurazione di trattative suscettibili di sfociare nella conclusione di un affare: ne consegue che non è possibile estendere al mediatore responsabilità che sono tipiche di altre figure professionali, non essendo il mediatore il soggetto deputato a garantire la regolarità formale della compravendita – funzione assegnata al notaio – né la concreta presenza delle caratteristiche tecniche e strutturali – di competenza dei tecnici (architetto o ingegnere) - affermate dal venditore. Inoltre, l’art. 1759 c.c. affida al mediatore il compito di “comunicare” (e non garantire) alle parti le circostanze “note”, ovvero quelle di cui sia a conoscenza, senza alcun obbligo di indagare per apprendere circostanze diverse da quelle conosciute. A tal proposito, la Suprema Corte ha costantemente affermato che “in base alla disciplina codicistica e professionale, non si può ritenere che il mediatore sia tenuto, senza uno specifico incarico ad hoc, al compimento di indagini di natura tecnico giuridica, quali le visure catastali ed ipotecarie (Cass. civ. n.7630/2002, n. 16009/2003, n. 13767/2004; Cass. civ. 18 gennaio 2006, n. 822). Il principio viene ribadito anche nella sentenza in esame, secondo cui nessuna responsabilità può essere ascritta al mediatore per le circostanze non conosciute, atteso che – in assenza di uno specifico incarico – questi è tenuto a riferire solo le circostanze note e quelle conoscibili con la comune diligenza.

In sostanza, a meno che l’acquirente non incarichi specificamente l’agenzia immobiliare di effettuare le verifiche tecnico-giuridiche (quindi l’agenzia diventa “consulente”, con obblighi di verifica), il ruolo dell’agenzia rimane quello di mediatore (senza obblighi specifici sulle verifiche tecniche). Ciò non significa che l’agenzia sia esente da ogni responsabilità e non abbia compiti e ruoli specifici; significa solo che l’acquirente, se vuole avere garanzie, non può basarsi solo sui fatti che l’agenzia gli comunica verbalmente (tranne i casi in cui l’agenzia metta a disposizione dell’acquirente tutta la documentazione: atto di provenienza, titoli abilitativi, agibilità, conformità impianti, verbali condominiali, etc.).

Il notaio e la “commerciabilità” del bene.

Il notaio, come si diceva, è responsabile della verifica di alcuni aspetti e documenti (provenienza, pregiudizievoli, etc.), ma in genere subentrerà in genere solo in un secondo momento, dopo l’accettazione della proposta d’acquisto da parte del venditore. L’acquirente ha quindi bisogno di tutelarsi preventivamente, già all’atto della proposta irrevocabile d’acquisto, che è un atto importante da non sottovalutare dato che la sua accettazione da parte del venditore comporta la formazione di un contratto a tutti gli effetti (qualora sia appunto presente la clausola per la quale la proposta si perfeziona in preliminare di vendita nel momento della accettazione del venditore).

In particolare, per quanto riguarda la conformità urbanistico-edilizia, serve ricordare che il notaio non ha l’obbligo di accertare se le dichiarazioni del venditore sono veritiere. Con la Sentenza n. 11628/2012 15 la Cassazione ha confermato l’orientamento secondo il quale

[…] è corretta l’esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore, nel caso di specie, della conformintà del bene compravenduto agli strumenti urbanistici. Ed infatti, in linea di principio, nessun obbligo riguarda il notaio, tenuto solo a verificare che, per dichiarazione dell’alienante, risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione rilasciata in sanatoria, come prescritto - dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 17, e art. 40, comma 2, nel testo poi sostanzialmente riprodotto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46 […]

In sostanza, il venditore deve comunicare gli estremi delle licenze o delle concessioni, e il notaio ha il solo obbligo di “riportare” nell’atto questi dati, ma non ha l’obbligo di “verificare” se queste licenze esistano, se siano effettivamente riferite all’immobile in vendita, o se esistono ulteriori atti edilizi. Anzi, a parte i casi di evidenti abusi edilizi per i quali si configura una cosiddetta “totale diformità” rispetto al titolo edilizio, che renderebbero nulli gli atti di compravendita, l’immobile è comunque commerciabile qualora siano presenti solo delle “parziali difformità” 16. In sostanza, dal punto di vista giuridico l’immobile può essere venduto (è “commerciabile”) anche se possiede delle difformità minori; ma tecnicamente, dal punto di vista urbanistico-edilizio, queste difformità minori sarebbero comunque da sanare con eventuali pratiche edilizie se l’acquirente vuole che l’immobile sia completamente in regola.

Un notaio scrupoloso, tuttavia, se posto di fronte ad un immobile potenzialmente a rischio di irregolarità (ad es. porzioni di sottotetto collegate con l’appartamento sottostante - si veda a questo proposito l’articolo Recupero di sottotetto a fini abitativi, che spiega quali altre problematiche ha un sottotetto o quali sono i requisiti per il recupero di un sottotetto; piani seminterrati dichiarati abitabili; terrazzi o balconi chiusi da serramenti; ampliamenti o frazionamenti; etc. - per i quali serve ottenere concessione o dimostrare il condono), sarà il primo a suggerire di procedere con un accertamento di conformità per verificare la regolarità dell’immobile. Ma ci sono anche casi più banali in cui non si procede alla verifica, magari perché il notaio giudica che l’immobile non ricade in una di queste situazioni a rischio. Il problema, in questi casi, è che l’immobile può avere delle irregolarità edilizie minori di cui il notaio non si rende conto (perché non è la sua materia), le quali, pur non pregiudicando la validità dell’atto, rendono l’immobile tecnicamente non a norma, obbligando il nuovo proprietario a fare successivamente degli adeguamenti 17.

Verifiche preliminari all’acquisto di immobile.

Di seguito, suddivisi per argomento, sono elencati i documenti che sarebbero da richiedere al venditore, o da recuperare autonomamente da parte dell’acquirente, e le verifiche da farsi. Il condizionale è d’obbligo perché non si intende sostenere che esiste un obbligo di legge in capo al venditore di fornire tutti questi documenti e informazioni all’acquirente; si intende sostenere che, nell’ambito della valutazione di un investimento immobiliare, sarebbe auspicabile che il venditore possa mettere l’acquirente nelle condizioni di fare analisi oggettive sulla base di documenti giuridicamente legali e non su dichiarazioni di parte.

L’ideale sarebbe potere avere tutte queste informazioni e documenti prima di sottoscrivere la Proposta di Acquisto, ma in genere queste verifiche richiedono tempo oppure i documenti non sono immediatamente disponibili (ad es. perché bisogna richiederli all’amministratore di condominio, agli uffici comunali, agli uffici ipotecari, etc.). In questo caso, il promissario acquirente può comunque fare una proposta e subordinandola alle verifiche da farsi. Ovvero, più tecnicamente, l’acquirente può inserire nella proposta una o più condizioni sospensive o risolutive 18, che sospendono o risolvono l’efficacia del contratto se si avverano le condizioni indicate (per approfondire, vedi il paragrafo più sotto relativo alla condizioni). E’ ovvio che tali proposte d’acquisto, subordinate alle verifiche mediante condizione sospensiva, saranno tanto più avverse ai venditori e/o alle agenzie immobiliari quanto più lunghe e complesse saranno le condizioni e le verifiche indicate nella proposta, soprattutto se riguardano documenti o informazioni che la legge non obbliga ad ottenere per la stipula di un rogito 19.

Documentazione di provenienza

  • Atto di provenienza dell’immobile
    (Documento che il notaio verificherà, quindi è necessario che sia messo a disposizione)

    Chiamato anche “titolo” di provenienza, è l’atto che il notaio sarà obbligato a controllare, ma all’acquirente è utile per poter controllare in prima persona tutta una serie di dati, soprattutto confrontandoli con i dati catastali attuali. Inoltre, è possibile verificare in che modo l’immobile è pervenuto al venditore, dato che potrebbero aprirsi scenari diversi, in particolar modo se la provenienza arriva da una donazione, che non tutela l’acquirente a meno che la donazione non sia risolta (vedi spiegazione al punto successivo).

    Una copia dell’atto di provenienza può esservi consegnata dall’agenzia immobiliare oppure potete fare una visura, avendo però i dati anagrafici dell’attuale proprietario. Qualora, per fare la visura, il proprietario o l’agenzia immobiliare non volessero darvi l’anagrafica o i dati catastali per “motivi di privacy” (comportamento discutibile, ma comprensibile), avete il diritto di chiedere loro una copia dell’atto. Può capitare però che vi diano una copia dell’atto dove saranno cancellati o mascherati i dati del venditore e quelli catastali (sempre per “ragioni di privacy”), ma in realtà un atto con i dati cancellati o mascherati serve a poco, dato che potrebbe riferirsi a qualsiasi altro immobile e proprietario. Inoltre, gli atti di compravendita sono pubblici, cosi come gli atti catastali (tranne la scheda planimetrica per la quale è richiesta la delega dell’attuale proprietario), percui il problema della privacy è solo un vincolo dell’agenzia nei confronti dell’acquirente, il quale è comunque libero di procedere presso la Conservatoria. In ogni caso, l’acquirente dovrebbe essere messo nelle condizioni di procedere con i propri accertamenti tecnici, quindi negargli i dati catastali è quanto meno discutibile.

    Il titolo di provenienza è un atto pubblico, visurabile presso gli uffici di Pubblicità Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (cosiddetta Conservatoria dei Registri Immobiliari) del Comune di pertinenza dell’immobile. Ogni Comune fa capo ad un ufficio di Conservatoria provinciale specifico (cerca l’ufficio sul sito dell’Agenzia delle Entrate ), presso il quale è possibile ricercare gli atti relativi ad un soggetto specifico. Per la ricerca è però fondamentale avere l’anagrafica del venditore (nome, cognome, codice fiscale e, se possibile, luogo e data di nascita), perché non è consigliabile (e in alcuni casi neanche possibile) procedere utilizzando i dati catastali. Se, come si diceva prima, l’anagrafica non vi viene fornita, dovrete chiedere una copia dell’atto all’agenzia o al venditore.

  • Atto di mutuo dissenso (scioglimento atto di donazione) o dichiarazione di rinuncia all’azione di restituzione
    (Necessario solo in caso di provenienza tramite atto di donazione, o qualora esistano donazioni negli ultimi vent’anni)

    Qualora l’immobile pervenga al venditore mediante donazione, l’immobile è in una situazione giuridica relativamente complessa nella quale, per come è strutturato il nostro ordinamento giuridico, l’acquirente di un immobile donato al venditore non è tutelato da eventuali future azioni degli eredi del soggetto donante (cd. “legittimari” o “eredi necessari”), i quali possono procedere con una azione di riduzione (e successivamente con una azione di restituzione) per ottenere indietro l’immobile anche dopo che l’acquirente (il “terzo avente causa dal donatario”) lo ha comprato (anche dopo la scadenza dei classici 20 anni dalla donazione, qualora i legittimari in linea retta abbiano trascritto un atto di opposizione, che proroga la scadenza).

    Inoltre, gli istituti di credito non concedono in genere mutui per immobili che nel ventennio precedente sono stati oggetto di donazione. Per questo motivo, anche se l’atto di provenienza non è una donazione, sarà necessario verificare che gli atti precedenti non abbiano donazioni. Per verificarlo, si procede con una ispezione ipotecaria ventennale (vedi in seguito il capitolo sulla documentazione ipotecaria).

    In questo caso, per avere la certezza di comprare un immobile non gravato dal rischio di restituzione agli eredi, se il donante è ancora in vita, l’acquirente dovrà chiedere al venditore di stipulare con il donante un atto di mutuo dissenso, con il quale il donante ritorna in possesso del bene e quindi diventa il nuovo venditore, oppure dovrà chiedere agli eredi legittimari una dichiarazione di rinuncia all’azione di restituzione (come annotazione 20 a margine della trascrizione della donazione), con la quale i legittimari rinunciano a future richieste di restituzione del bene. Un altro tipo di tutela, che veniva proposta una volta ma ora sconsigliata, sono le fidejussioni da parte del donante o dei legittimari nei confronti di terzi.

    In ogni caso, dato che il tema è ancora dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza, è necessario rivolgersi preventivamente al notaio qualora l’acquirente scopra che la provenienza è una donazione. Anche per questo motivo, come si diceva prima, è importante poter visionare l’atto di provenienza nel quale non siano mascherati i dati catastali o il soggetto, altrimenti non è possibile procedere con le ispezioni ipotecarie per verificare se esistono donazioni nel ventennio precedente.

    Per approfondire il tema della compravendita dei beni immobili in presenza di donazioni, visitate la pagina “donazioni” sul sito del Consiglio Nazionale del Notariato, oppure questi dettagliati approfondimenti sull’atto di mutuo dissenso sia sul sito treccani.it sia in questo Studio 54-2014/C del Consiglio Nazionale del Notariato (file PDF).

  • Dichiarazione di successione e sua trascrizione, trascrizione dell’accettazione dell’eredità (in mancanza, certificato di morte in originale del defunto)
    (Necessario solo in caso di provenienza tramite atto di successione)

    Qualora l’immobile pervenga al venditore per successione, è necessario richiedere al venditore la dichiarazione di successione e la sua trascrizione (trascrizione della successione), oltre che la trascrizione dell’accettazione dell’eredità. Le due trascrizioni (successione e accettazione) sono fondamentali per mantenere la continuità delle trascrizioni, senza la quale il notaio non potrà procedere al rogito. Inoltre, “se non viene eseguita la trascrizione dell’accettazione di eredità, l’acquirente rischia di perdere la proprietà dell’immobile acquistato, nel caso in cui dovesse risultare che il venditore non era il vero erede (o comunque non era l’unico erede), magari in seguito alla scoperta di un testamento o al suo annullamento”.

    Qualora non sia stata fatta la trascrizione della successione per vari motivi, il notaio dovrà procedere con una trascrizione di accettazione tacita dell’eredità (con spese a carico del venditore, il quale, se rifiuta, potrebbe essere invocato dall’acquirente per inadempimento del contratto e obbligato a versare il doppio della caparra), e per procedere con tale trascrizione è necessario il certificato di morte in originale del de cuius. Questa trascrizione tacita è fatta sullo stesso atto di vendita, che quindi avrà due trascrizioni, di cui la prima, immediatamente precedente, è quella a favore del venditore per l’acquisto in successione, e l’altra, immediatamente successiva, è a favore dell’acquirente che acquista con la compravendita.

Documentazione urbanistico-edilizia

  • Ultimo atto edilizio relativo all’unità immobiliare (autorizzazione / concessione edilizia e relativa fine lavori / collaudo / agibilità)
    (Eventuale. Verificarne l’esistenza attraverso accertamenti tecnici. Non obbligatorio per il rogito, ma sarebbe necessario per la Due Diligence)

    Qualora, successivamente alla costruzione dell’edificio nel quale l’unità immobiliare è inserita, siano stati fatti dei lavori nell’unità immobiliare eccedenti la manutenzione ordinaria (cioè di natura straordinaria - ad es. spostamento di pareti, divisione di un locale, frazionamento di appartamento, etc.), l’acquirente dovrebbe verificare l’ultima autorizzazione o concessione edilizia che ha legittimato i lavori e il relativo collaudo e fine lavori, e l’eventuale nuova agibilità (tutti a firma di tecnico iscritto all’albo). Questi atti edilizi sono necessari per verificare che lo stato di fatto (lo stato dei luoghi cosi come li vede l’acquirente durante il sopralluogo) corrisponda alle opere dichiarate nell’ultima pratica edilizia presentata; se cosi non fosse, l’immobile potrebbe presentare delle irregolarità da sanare. Questo documento non è obbligatorio ai fini della stipula di un compromesso o del rogito, ma è buona prassi che il venditore possegga la documentazione urbanistico-edilizia del proprio immobile.

    A meno che i lavori siano stati fatti dal proprietario attuale (che quindi dovrebbe avere tutti gli estremi di tale pratica o una copia della stessa), come si può essere certi che l’unità immobiliare non sia stata oggetto di modifiche dopo la costruzione originaria dell’edificio? Come si diceva precedentemente, il venditore ha la responsabilità di dichiarare che l’immobile è in regola dal punto di vista urbanistico-edilizio, ma spesso è una dichiarazione fatta in buona fede 21 senza però avere effettivamente accertato la conformità urbanistica ed edilizia, sia attuale che passata. Nella storia dell’immobile potrebbero infatti esserci stati piccoli abusi, o lavori fatti da precedenti proprietari senza titolo abilitativo.

    In realtà, in linea teorica, sarebbe necessario verificare tutta la storia delle modifiche e delle pratiche edilizie relative all’unità immobiliare, a partire dagli atti di fabbrica fino all’ultima pratica presentata, per verificare che i singoli passaggi siano legittimi e conformi (leggi anche, in seguito, il punto relativo agli atti di fabbrica). Ma, in pratica, dato che l’ultimo atto edilizio (se esistente) è stato firmato da un tecnico iscritto all’albo, è sua la responsabilità delle verifiche sulla legittimità e conformità al momento del protocollo presso gli uffici comunali. Percui in genere è sufficiente che l’acquirente si limiti a verificare solo l’ultimo atto edilizio e non tutta la storia edilizia.

    Qualcuno potrebbe obiettare che la planimetria catastale attuale corrisponde allo stato di fatto e che quindi è tutto in regola. Sbagliato. La conformità catastale è diversa dalla conformità urbanistica ed edilizia. Si deve fare attenzione alla differenza tra atto edilizio e atto catastale (vedi anche la spiegazione al capitolo relativo alla documentazione catastale): quest’ultimo atto è solo rilevante ai fini fiscali ma non è rilevante ai fini della regolarità urbanistico-edilizia (in gergo si dice che “non è probatorio”); pertanto, una scheda planimetrica catastale che corrisponda allo stato di fatto non fornisce alcuna garanzia che l’immobile sia in regola dal punto di vista urbanistico-edilizio.

    Per poter fare gli accertamenti e verificare se esistono questi atti, è necessario procedere con una visura di atti edilizi (tecnicamente, un accesso agli atti), presso gli uffici tecnici comunali. Nelle grandi città (ad es. Milano), dal momento della richiesta (domanda di accesso agli atti) al momento in cui potrete visionare gli atti (visura del fascicolo edilizio), possono passare parecchi mesi (a Milano l’attesa media è di 7-12 mesi, a meno che non alleghiate alla domanda di visura una dichiarazione notarile attestante l’esistenza di una compravendita in corso, nel qual caso gli uffici possono dare precedenza alla vostra domanda e possono estrarre il fascicolo in tempi più brevi, nell’ordine di 2-3 mesi). Dato che in genere i tempi di verifica non sono immediati e l’acquirente può avere bisogno di inviare comunque la Proposta d’Acquisto al venditore, è possibile aggiungere nella stessa proposta una condizione sospensiva che subordini l’efficacia del contratto alla verifica degli accertamenti di conformità urbanistico-edilizia sull’unità immobiliare.

  • Condono edilizio
    (Eventuale. Verificarne l’esistenza attraverso accertamenti tecnici. Non obbligatorio per il rogito, ma sarebbe necessario per la Due Diligence)

    Qualora l’unità immobiliare sia stata oggetto di uno dei vari condoni edilizi (ad es. se si è in presenza di particolari caratteristiche tipiche come interrati, seminterrati, soppalchi, verande o serre, sottotetti, ampliamenti evidenti, etc. - che possono avere indotto i proprietari a chiedere condoni su queste porzioni), potrebbe essere stata presentata una domanda di condono (domanda di concessione in sanatoria) e potrebbe essere stata rilasciata la relativa concessione (concessione edilizia in sanatoria). In genere, se l’atto di provenienza rilasciato dal venditore è più recente dell’ultimo condono edilizio (2004), questo dovrebbe già riportare gli estremi del condono cui è stato oggetto l’immobile. Anche per quanto riguarda il tema del condono, l’acquirente dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter prendere visione dell’atto di provenienza (senza mascherature dei dati catastali e anagrafici) per verificare la presenza o meno di concessioni in sanatoria relative all’immobile oggetto della trattativa.

    Nei casi in cui l’atto di provenienza sia precedente ad uno dei condoni (1985, 1995, 2004), non vi saranno ovviamente indicati i riferimenti ad un eventuale condono richiesto successivamente. In questo caso, l’attuale proprietario è l’unico che può sapere se siano state fatte domande di concessione in sanatoria, e dovrebbe comunicarlo esplicitamente all’acquirente, e non solo dichiarando nella Proposta di Acquisto che l’immobile “è conforme alle normative urbanistiche vigenti”. Il venditore, per vari motivi (sia in buona fede che in mala fede), potrebbe omettere di comunicare la presenza di un condono.

    Pertanto, qualora l’acquirente volesse accertare la presenza di domande di condono, può recarsi presso gli uffici tecnici comunali e richiedere visura del fascicolo edilizio relativo all’immobile. In particolare, a Milano esiste un Ufficio Condono dedicato a questo tipo di pratiche, presso il quale è possibile fare una verifica (in genere immediata in base alla disponibilità dei funzionari) sulla esistenza o meno di condoni. Questa verifica, fatta a monitor, non comporta il rilascio di ricevute e serve solo a verificare se esiste un fascicolo di condono relativo all’immobile, ma per poter conoscerne i contenuti è necessario presentare una domanda di visura per il fascicolo. Per la domanda sono necessari i dati del proprietario che ha fatto la domanda di concessione in sanatoria, l’indirizzo dell’immobile e i dati catastali.

    Qualora già a monitor non si rilevi la presenza di condoni, e l’acquirente abbia bisogno comunque di una ricevuta che ne attesti la “mancanza” (ad es. qualora in futuro volesse rivendere l’unità immobiliare e volesse dimostrare a sua volta che non ci sono condoni in essere), può comunque presentare all’Ufficio Condono una domanda di visura nella quale dovrà richiedere per iscritto che il Comune rilasci una lettera nella quale si dichiari che non sono state trovate domande di concessione in sanatoria 22. In genere, se il condono non è presente neanche a seguito di domanda formale presso gli uffici, e se l’immobile non ha particolari caratteristiche tipiche cui si accennava all’inizio, l’acquirente può essere relativamente certo che non esiste in atto un condono.

  • Atti di fabbrica
    (Nel caso non esistessero gli ultimi “atti edilizi” di cui sopra, o i “condoni”, o qualora sorgano dubbi sullo stato di fatto. Non obbligatorio per il rogito, ma sarebbe necessario per la Due Diligence)

    Qualora non dovessero esistere condoni o atti edilizi successivi alla costruzione originaria, o qualora l’acquirente volesse comunque verificare se l’unità immobiliare non sia mai stata modificata dall’origine, dovrebbe fare una visura degli atti di fabbrica, ovvero i documenti costitutivi dell’edificio nel quale è inserita l’unità immobiliare 23. In realtà, tecnicamente, questa verifica andrebbe fatta anche qualora l’unità immobiliare sia stata oggetto di altri atti edilizi nel tempo, perché non è detto che questi atti si siano basati su uno stato di fatto legittimato 24. Ma in pratica, nei vari passaggi di proprietà, questi controlli sugli atti di fabbrica non sempre sono effettuati, sia perché il notaio e l’agenzia immobiliare non hanno l’obbligo di verifica, sia a causa dei costi degli accertamenti e dei tempi burocratici.

    Con atti di fabbrica si intendono anche i documenti di edifici la cui costruzione sia iniziata prima del 31/10/1942 25, e possono riferirsi anche a documenti che si trovano negli archivi storici comunali. Nei rogiti non c’è l’obbligo di indicare i riferimenti di tali atti di fabbrica se antecedenti a questa data: l’obbligo nasce con la Legge Urbanistica del 1942, che imponeva il rilascio di una licenza edilizia per gli immobili da costruirsi nei “centri abitati” di allora e dove esisteva un piano regolatore (mentre non era obbligatoria per gli edifici fuori dai “centri abitati” o nei comuni sprovvisti di piano regolatore) 26.

  • Licenza edilizia / concessione edilizia / permesso di costruire (o loro estremi)
    (Nel caso di immobili realizzati dopo il 1942 o 1967, in base alla posizione urbana dell’immobile. Non è obbligatorio reperire il documento e allegarlo al rogito, ma è necessario conoscerne gli estremi se esistenti. Sarebbe utile comunque ottenere il documento per la Due Diligence)

    Questi atti amministrativi, chiamati titoli abilitativi, sono gli atti fondamentali che garantiscono la legittimità dell’edificio e di ogni unità immobiliare in esso contenuta. Questi atti non sono da confondersi con il certificato di agibilità (ex certificato di abitabilità/agibilità) il quale assolve ad una funzione diversa e non garantisce la conformità alle norme edilizie e urbanistiche (leggi, in seguito, il punto relativo al certificato di agibilità). Questi atti, se esistono, sono da citare obbligatoriamente negli atti di compravendita, ma il notaio non ha l’obbligo di reperirne una copia o verificarne il contenuto. In base alla data di costruzione dell’edificio, si distinguono i seguenti titoli abilitativi in base al periodo di costruzione dell’edificio:

    • per immobili realizzati tra il 31/10/1942 e il 01/09/1967, solo se nei “centri abitati” dei Comuni ove esisteva il Piano Regolatore Comunale 27: copia o estremi della licenza edilizia;
    • per immobili realizzati tra il 01/09/1967 28 e il 30/01/1977: copia o estremi della licenza edilizia;
    • per immobili realizzati tra il 30/01/1977 29 e il 30/06/2003: copia o estremi della concessione edilizia;
    • per immobili realizzati dopo il 30/06/2003 30: copia o estremi del permesso di costruire.

  • Certificato di agibilità (ex certificato di abitabilità [per residenza] o agibilità [non residenziale] / licenza d’uso / licenza di occupazione)
    (Non obbligatorio per il rogito, ma sarebbe necessario per la Due Diligence)

    Il certificato di agibilità è l’atto amministrativo che attesta l’esistenza delle “condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati […]31. Questo atto è un provvedimento amministrativo diverso dal titolo abilitativo di cui al punto precedente, e serve solo ad accertare che siano state rispettate alcune “norme tecniche”, ma non le norme “urbanistiche” o “edilizie” 32. Le due discipline del titolo abilitativo e del certificato di agibilità non sono necessariamente coincidenti, ovvero può esserci agibilità in un edificio realizzato difformemente dal titolo abilitativo; in altre parole, dato che l’agibilità potrebbe essere rilasciata a prescindere dalla congruenza dell’edificio rispetto al titolo abilitativo (quindi con abusi edilizi minori), l’acquirente dovrebbe verificare sia i titoli abilitativi sia l’ultimo certificato di agibilità. L’esistenza e la congruenza di entrambi i tipi di atto con lo stato di fatto fornisce all’acquirente una garanzia di conformità sostanzialmente completa.

    Il certificato di agibilità, nato già come “autorizzazione del sindaco” all’abitabilità nel 1888 33, è stato definito meglio nel Testo unico delle leggi sanitarie del 1934 34, chiarito nel Testo unico in materia edilizia del 2001 35, e consolidato con il “Decreto del fare” del 2013 per quanto riguarda l’applicazione dell’agibilità parziale 36. In sostanza, nella prassi, per gli immobili completati prima del 1934, i quali non siano stati successivamente oggetto di modifiche, il certificato non è richiesto in quanto non prescritto dalla legge (pertanto questi immobili sono agibili per definizione). Invece, per gli immobili realizzati dopo il 1934 dovrebbe esistere un certificato di abitabilità o agibilità (in base all’anno in cui fu rilasciato). Inoltre, all’interno degli stessi immobili, potrebbero essere stati rilasciati in seguito altri certificati, per singole porzioni di edificio o per singole unità immobiliari qualora queste siano state oggetto di modifiche che hanno cambiato le loro caratteristiche di igiene e sicurezza, tali da richiedere il rilascio di un nuovo certificato. In pratica, nel tempo, un edificio o una sua parte possono essere stati oggetto di più di una certificazione, pertanto l’acquirente dovrà verificare (o far verificare) caso per caso quale certificato sia necessario ai fini del proprio atto. La soluzione ideale (qualora non esista già un certificato valido) sarebbe quella di richiedere al venditore un nuovo certificato di agibilità che accerti le condizioni di igiene e sicurezza rispetto alle norme vigenti al momento dell’atto.

    In altre parole, se il certificato avrebbe dovuto esistere ed è mancante o non è reperibile negli archivi comunali, la domanda di un nuovo certificato di agibilità dovrebbe essere a cura della parte promittente venditrice 37. Per quanto l’immobile sia comunque commercializzabile (ovvero, trasferibile, vendibile, etc.) anche in assenza del certificato di agibilità, si ritiene opportuno che gli oneri connessi alla sua ricerca (visure), ed al suo eventuale nuovo rilascio, siano a carico della parte promittente venditrice. Qualora, invece, la parte promissaria acquirente, edotta dell’impossibilità di ottenere l’agibilità (per mancanza dei requisiti sostanziali nell’immobile), dichiari di essere ugualmente interessata all’acquisto e di non avere alcuna eccezione da sollevare al riguardo, la parte promittente venditrice sarà esonerata da qualsiasi responsabilità futura. Si fa presente, comunque, che la mancanza parziale o totale dei requisiti di agibilità potrebbe compromettere in futuro il valore commerciale e l’utilizzabilità del bene acquistato.

    Si fa presente che, per giurisprudenza costante, la vendita di un immobile senza il certificato di agibilità può costituire una vendita aliud pro alio, ovvero di vendita di “cosa diversa da quella pattuita”, che permette all’acquirente di risolvere il contratto (anche del contratto preliminare 38 39) per inadempimento del venditore e di chiedere un eventuale risarcimento danni.

Documentazione tecnica

  • Attestato di prestazione energetica (APE, ex. attestato di certificazione energetica - ACE)
    (Obbligatorio per il rogito)

    L’attestato di prestazione energetica è il documento che attesta la classe energetica dell’immobile, e deve essere consegnato dal venditore e allegato obbligatoriamente sia al preliminare di vendita sia al definitivo di vendita. In particolare, “il proprietario deve rendere disponibile l’attestato di prestazione energetica al potenziale acquirente o al nuovo locatario all’avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime40; pertanto, già prima della Proposta di acquisto, all’acquirente dovrebbe essere fatto visionare una copia dell’attestato. Il notaio procederà alla sola verifica formale degli estremi dell’attestato, senza entrare nel merito della correttezza dello stesso, dato che non è obbligato alla verifica tecnica e dato che, in ogni caso, è una competenza che esula dalle sue capacità.

    L’attestato può essere omesso per alcune categorie specifiche di immobili, ma sono casi molto specifici; per questi immobili, la dotazione è esclusa per motivi di tutela, per motivi tecnici o per una obiettiva impossibilità di calcolarne la classe energetica.

    Qualora invece l’attestato sia da allegare, come avviene normalmante, l’acquirente deve prestare attenzione sia alla presenza dell’attestato sin dalle prime fasi della trattativa, sia alla presenza, nel rogito, di una clausola informativa relativa all’avere “ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici”. Nel caso in cui l’attestato non sia allegato o non sia inserita tale informativa nell’atto, le parti devono entrambe pagare in parti uguali una sanzione amministrativa da 3.000 a 18.000 euro 41.

  • Certificato di idoneità statica
    (Eventuale. Sarebbe necessario per la Due Diligence qualora l’immobile sia soggetto al certificato)

    Per gli immobili nel Comune di Milano, se ne ricorrono i presupposti di cui all’art. 11 del nuovo Regolamento Edilizio 2014 42, dovranno essere dotati di certificato di idoneità statica, a cura di tecnico abilitato, oltre ad una relazione sullo stato di conservazione degli elementi strutturali secondari e di quelli non strutturali. In caso di compravendita, i notai dovranno allegare tali certificazioni all’atto 43.

  • Dichiarazioni di conformità di impianti
    (In teoria sarebbe obbligatorio allegarli al rogito, ma è possibile non allegarli qualora non siano reperibili e l’acquirente accetti la loro mancanza)

    Gli impianti dell’immobile dovrebbero essere dotati delle cosiddette dichiarazioni di conformità di impianto, ma spesso queste dichiarazioni sono mancanti, oppure sono presenti solo in parte, oppure non esistono perché l’impianto è stato realizzato (e mai più modificato) in un periodo storico in cui non c’era l’obbligo della certificazione. Le conformità non sono essenziali ai fini dell’atto di compravendita (ovvero, la loro mancanza non rende nullo l’atto), ma sono essenziali sia ai fini del rilascio del certificato di agibilità dell’immobile, sia ai fini della valutazione del prezzo finale dell’immobile (l’acquirente può contrattare sul prezzo, dato che potrebbe accollarsi le spese future per la messa a norma).

    Fermo restando che la conformità degli impianti non incide sulla commerciabilità dei fabbricati e che è comunque possibile, con il consenso di tutte le parti, trasferire immobili con impianti non conformi o comunque “non garantiti conformi”, si possono ipotizzare tre situazioni:

    a) se gli impianti sono conformi (e la conformità andrà valutata con riferimento alla normativa in vigore all’epoca in cui gli impianti sono stati realizzati, rifatti ovvero adeguati) il venditore ne darà atto e presterà, nell’interesse dell’acquirente, la relativa garanzia 44;

    b) se gli impianti non sono conformi andrà verificata la volontà delle parti sul come intendano disciplinare e regolare i rispettivi rapporti. In tal caso:
    - l’acquirente ha il diritto di pretendere la messa a norma degli impianti e quindi richiedere di rinviare la stipula del contratto di compravendita a data successiva al completamento dei lavori di adeguamento (e in tal modo, una volta attestata la loro conformità, si rientrerà nell’ipotesi del punto a);
    - l’acquirente potrà, altrimenti, accettare l’acquisto dell’immobile anche con impianti non conformi, assumendo a proprio carico l’onere dell’adeguamento e tenendo ovviamente conto di tutto ciò nella determinazione del prezzo; in questo caso non ci sarà la garanzia del venditore;

    c) se il venditore non conosce lo stato degli impianti e quindi non è in grado di definire la conformità degli impianti:
    - l’acquirente ha il diritto di pretendere la verifica dello stato degli impianti e, in caso di loro conformità, la dichiarazione di rispondenza (sostitutiva della dichiarazione di conformità); ovvero, in caso di accertata non conformità, la loro preventiva messa a norma e quindi di rinviare la stipula del rogito a data successiva alla verifica e completamento degli eventuali lavori di adeguamento;
    - l’acquirente potrà altrimenti accettare l’acquisto dell’immobile anche con impianti non garantiti conformi, assumendo a proprio carico l’onere (e il rischio) della verifica e di un eventuale loro adeguamento, tenendone ovviamente conto nella determinazione del prezzo; in questo caso non ci sarà la garanzia del venditore 45.

    Va ricordato che, anche se è vero che non esiste un obbligo specifico di consegna dei certificati di conformità, esiste «la disposizione generale contenuta nell’art. 1477, comma 3, c.c., a norma del quale il venditore deve consegnare al compratore “i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”. Tra tali documenti la giurisprudenza annovera pacificamente il certificato di agibilità (Cass. 16 giugno 2006, n. 13969; Cass. 28 marzo 2001, n. 4513; Cass. 15 gennaio 1995, n. 953; Cass. 5 novembre 1992, n. 11980); poiché pure le certificazioni di conformità riguardano “l’uso della cosa venduta”, deve ritenersi che l’obbligo di consegna si estenda anche ad esse.» 46.

    Inoltre, è necessario precisare che non esistono solo l’impianto elettrico e gas. il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 gennaio 2008, n. 37, all’articolo 1 definisce l’ambito di applicazione (e quindi gli impianti che devono essere dotati di conformità):

    • impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere;
    • impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere;
    • impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
    • impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;
    • impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;
    • impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;
    • impianti di protezione antincendio.

    Quindi, non è sufficiente richiedere la conformità dell’impianto elettrico o del gas, ma anche, ad es., dell’impianto di evacuazione dei prodotti della combustione (per accertare che i fumi siano scaricati legalmente nella colonna fumi e non ci siano ristagni di combustione), nonché degli impianti idrici o sanitari (in genere sottovalutati ma che spesso sono fonte di vizi o problemi costruttivi; si pensi ad es. alle linee di smaltimento delle acque - dei bagni o meteoriche - che, se sottodimensionate, possono causare esondazioni interne all’immobile o nei cortili privati).

Documentazione catastale

  • Visura catastale storica (in alternativa, visura catastale attuale - non storica)
    (Obbligatoria per il rogito, il notaio la verificherà in ogni caso. Sarebbe comunque necessaria per la Due Diligence)

    La visura catastale storica sul subalterno dell’unità immobiliare (o sui subalterni nel caso di particolari situazioni - ad es. mappali graffati, porzioni di unità immobiliari, etc.) è una tabella che mostra le modifiche storiche degli intestati (ovvero i passaggi di proprietà) e dei dati catastali (ovvero i cambiamenti di categoria catastale, classe e rendita). In realtà, dato che gli atti catastali dell’immobile potrebbero non essere aggiornati (o non completamente corretti), e dato che la finalità degli atti catastali è puramente fiscale (ovvero finalizzata all’attribuzione di rendita), i “passaggi di proprietà” ufficiali e legali sono dimostrabili solo attraverso le visure ipotecarie (vedi capitoli successivi), mentre la “destinazione d’uso” ufficiale e legale è dimostrabile solo attraverso i titoli abilitativi edilizi (vedi i capitoli già discussi in precedenza). Tuttavia, salvo errori palesi o atti catastali falsi, la visura catastale è rappresentativa della situazione attuale dell’immobile ed è comunque il punto di partenza su cui il notaio si basa per le verifiche successive.

    Normalmente, l’agenzia immobiliare o il venditore forniscono al promissario acquirente una visura catastale attuale, che si differenzia dalla visura catastale storica in quanto non mostra le modifiche storiche, le quali possono essere utili perché nelle annotazioni della visura storica si trovano spesso informazioni sugli atti notarili o catastali che hanno originato le modifiche. Inoltre, la visura storica fornisce informazioni sui precedenti intestati (ovvero i precedenti proprietari), che permette al promissario acquirente di procedere più agevolmente con eventuali ispezioni ipotecarie (ad es. per accertare vincoli, servitù, ipoteche, etc. - che, ricordiamo, sono accertamenti che il notaio eseguirà comunque, ma solo in una seconda fase, spesso solo dopo che la Proposta d’acquisto è stata firmata). Se possibile, è meglio richiedere una visura catastale storica e non una visura catastale attuale, anche perché sia l’una che l’altra hanno lo stesso costo di visura presso l’Agenzia delle Entrate.

    A volte, il venditore o l’agenzia immobiliare consegnano al promissario acquirente una visura (attuale o storica) con i dati dell’intestatario, del foglio, del mappale e del subalterno barrati e nascosti, adducendo come motivo la tutela della privacy del venditore. Ma in realtà i dati catastali sono pubblici (fatta eccezione per la scheda planimetrica - vedi paragrafo in seguito) e chiunque può chiederne visura presso l’Agenzia delle Entrate (si veda la scheda informativa della visura catastale sul sito dell’Agenzia). Percui non si comprende il motivo di tale comportamento, anche in considerazione del fatto che una visura con i dati barrati potrebbe benissimo appartenere ad altro immobile, e in ogni caso il promissario acquirente non sarebbe messo nella condizione di poter procedere con tutti gli accertamenti del caso di cui si è parlato fin ora (accertamenti edilizi, urbanistici, ipotecari, etc.), che possono essere iniziati solo avendo in mano i dati catastali e della proprietà.

    Come nota finale, l’acquirente deve fare attenzione al significato di “destinazione d’uso”, usata impropriamente nel contesto catastale. In ambito catastale esistono solo “categorie catastali” (A/2, C/1, C/3, etc.), mentre la “destinazione d’uso” (residenziale, commerciale, produttiva, etc.) è utilizzata solo in ambito urbanistico ed edilizio. Ciò che fa fede ai fini della regolarità di un immobile è la “destinazione d’uso”, non la “categoria catastale”, pertanto la visura catastale non è comprovante la destinazione d’uso effettiva. Questa può essere provata solo dai titoli abilitativi di cui si è discusso più sopra. Può capitare infatti, ad esempio, che al promissario acquirente in cerca di un appartamento sia proposta una unità immobiliare che può essere usata sia ad uso ufficio che residenza 47, alla quale corrisponde una visura catastale indicante la categoria A/2 (abitazione di tipo civile) 48; l’acquirente può pensare che l’unità sia effettivamente una abitazione dato che la visura mostra la categoria A/2, ma in realtà potrebbe essere che nell’ultimo titolo edilizio l’unità sia dichiarata come ufficio. In questo caso, la categoria A/2 dichiarata nella visura catastale non fa fede. L’unica destinazione significativa è quella dichiarata nell’ultimo titolo abilitativo. Dato che né il notaio né l’agenzia hanno l’obbligo di fare accertamenti urbanistico-edilizi (tranne ove alcune Regioni abbiano legiferato diversamente), potrebbe capitare che la compravendita si concluda senza che questa anomalia sia scoperta. L’acquirente, una volta entrato in possesso dell’unità immobiliare, se vorrà utilizzarla come appartamento, dovrà in teoria procedere con un cambio di destinazione d’uso presso gli uffici dell’edilizia privata, con i relativi costi del professionista incaricato della pratica (costi che avrebbero dovuto essere in carico al venditore).

  • Scheda planimetrica dell’unità immobiliare.
    (Obbligatoria per il rogito, il notaio la verificherà in ogni caso. Sarebbe comunque necessaria per la Due Diligence)

    La scheda planimetrica (detta anche sinteticamente visura planimetrica) è il documento che per primo viene sottoposto (o dovrebbe essere sottoposto) al promissario acquirente per mostrare la tipologia dell’immobile e la sua conformazione. Inoltre, è anche uno dei principali documenti di riferimento per il notaio, le cui istruttorie e prassi sono basate anche sulle verifiche di questa planimetria (ma non delle analoghe planimetrie edilizie contenute nei titoli abilitativi edilizi, che, come si diceva, sono gli unici che possono attestare la conformità urbanistica edilizia dell’immobile).

    Il notaio deve verificare che ci sia corrispondenza tra stato di fatto e atti depositati in catasto (la verifica della cosiddetta “conformità oggettiva”) e che l’immobile sia censito in catasto a nome del legittimo proprietario (mediante visure ipotecarie - verifica della cosiddetta “conformità soggettiva”). In realtà, per la conformità oggettiva, il notaio richiederà al proprietario una dichiarazione che la planimetria depositata in catasto corrisponde allo stato di fatto reale. Ovvero, come già visto in precedenza, il notaio non ha l’obbligo di controllare direttamente (mediante sopralluoghi fatti da lui o da un suo tecnico) la corrispondenza tra planimetria e stato di fatto, ma si limita a chiederne conferma all’attuale proprietario, il quale potrebbe in buona fede confermare tale corrispondenza, ma senza avere competenze per capire se ciò che stia dichiarando sia corretto 49.

    Tale dichiarazione del proprietario dovrebbe essere sempre verificata dal promissario acquirente. Infatti, la planimetria dell’immobile (chiamata erroneamente “piantina” - ma il termine catastale corretto sarebbe “planimetria” o, in ambito edilizio, “pianta”) dovrebbe rappresentare graficamente sia l’unità immobiliare principale (il suo perimetro, la distribuzione interna, le funzioni dei locali, i confini, la posizione delle parti comuni se esistono, etc.) sia le pertinenze (se comprese nel subalterno - ad es. cantine, soffitte, etc.). Il condizionale è d’obbligo perché accade spesso che la planimetria non sia aggiornata, o che sia parzialmente errata, oppure che non rappresenti tutte le pertinenze (ad es. una soffitta indicata nell’atto di provenienza ma mai rappresentata graficamente), oppure che rappresenti le pertinenze non in maniera corretta.

Documentazione ipotecaria

  • Cancellazione ipoteca volontaria
    (Eventuale. Verificarne l’esistenza attraverso ispezione ipotecaria - vedi sotto. Il notaio provvederà a verificarla comunque entro il rogito, quindi non è strettamente obbligatoria per la Due Diligence ma sarebbe utile accertare eventuali gravami)

    Qualora sull’immobile sia presente un ipoteca volontaria (ad esempio perché il venditore stesso aveva acquistato l’unità immobiliare attraverso un mutuo) è necessario che tale ipoteca sia risolta o cancellata, altrimenti rischiate di entrare in possesso di un bene gravato da un vincolo. In realtà questo problema si risolve dato che il notaio stesso, durante le verifiche, accerterà la presenza di questi vincoli e informerà l’acquirente.

    Tuttavia, come spiegato prima, è molto probabile che il notaio entrerà in gioco solo in un secondo momento (dopo la proposta di acquisto). Quindi, a meno che l’agenzia immobiliare non informi subito il promissario acquirente (durante il primo incontro), sarebbe necessario che l’acquirente stesso provveda a verificare l’esistenza o meno di questi vincoli sull’immobile (mediante una “ispezione ipotecaria”, vedi più sotto), anche perché ciò può influire sui tempi e sulle procedure di acquisto, soprattutto se anche l’acquirente dovrà appoggiarsi ad una banca per il mutuo.

    In sintesi, qualora sia presente un’ipoteca volontaria, è necessario che l’acquirente richieda che la parte promittente venditrice proceda alla cancellazione dell’ipoteca volontaria a garanzia di mutuo fondiario, da farsi sia mediante notaio sia mediante cancellazione automatica da parte dell’istituto di credito che ha concesso il mutuo.

  • Ispezione ipotecaria
    (Il notaio provvederà a fare verifiche entro il rogito, quindi non è strettamente obbbligatoria per la Due Diligence ma sarebbe utile accertare eventuali gravami)

    Per poter verificare la presenza di ipoteche, o di altri tipi di gravami sull’unità immobiliare (pignoramenti, servitù, etc.), è necessario procedere con una ispezione ipotecaria, da farsi tramite estrazione del cosiddetto elenco sintetico delle formalità, eseguito sulla parte promittente venditrice in quanto soggetto ipotecario “contro”, e relativa all’unità immobiliare, per poi procedere con eventuali estrazioni delle note e/o dei titoli. Le ispezioni ipotecarie (chiamate anche impropriamente visure ipotecarie) non sono intuitivamente facili come le visure catastali, e richiedono una certa esperienza dato che è necessario districarsi tra nomenclature particolari, registri digitali e cartacei, analisi delle cosiddette note e dei titoli, verifica degli omocodici, etc. Le analisi ipotecarie sono fatte dal notaio, percui l’acquirente non ha bisogno di occuparsi di questo aspetto.

    Tuttavia, come già ricordato, in genere il notaio entrerà in gioco solo in un secondo momento, mentre l’acquirente avrebbe bisogno di conoscere la situazione in cui si trova l’immobile già durante le prime fasi della contrattazione, anche perché la presenza di vincoli può modificare il valore reale del bene. Pertanto, l’acquirente che vuole procedere con rigore a tutte le verifiche prima di fare una proposta, dovrebbe richiedere anche una ispezione ipotecaria recente, qualora non sia già stata fatta dall’agenzia immobiliare o qualora non sia già messa a disposizione dal venditore. L’ispezione ipotecaria cosi definita, però, è limitata alle trascrizioni in capo al soggetto venditore attuale, ovvero non è una visura che risale indietro nel tempo ai precedenti proprietari. Per avere la certezza di entrare in possesso di un immobile senza vincoli, è necessario procedere con una ispezione ipotecaria ventennale, e, qualora l’acquirente abbia bisogno di richiedere un mutuo, sarà anche necessario richiedere il Certificato ipotecario ventennale relativo a tale ispezione.

  • Certificato ipotecario ventennale (in alternativa, Relazione Notarile Ventennale)
    (Eventuale. Se necessaria, il notaio provvederà a farla entro il rogito, quindi non è obbligatoria per la Due Diligence)

    Qualora si voglia avere la certezza che sull’immobile non gravino pregiudizievoli, vincoli o vecchie ipoteche non cancellate che possono essere ancora attive, sarebbe necessario procedere con una ispezione ipotecaria ventennale, ovvero una ispezione che elenchi le formalità degli ultimi vent’anni nelle quali è presente non solo il proprietario attuale ma anche i precedenti possessori. Eseguita tale ispezione, si dovrà richiedere agli uffici della Conservatoria dell’Agenzia delle Entrate il rilascio del Certificato ipotecario speciale ventennale, costituito sostanzialmente dall’elenco delle formalità e dalle note utili, relative al soggetto/i e all’immobile analizzati, in copia conforme (ovvero il documento è timbrato e firmato dal Conservatore). Dato che questo Certificato è soggetto alle tasse ipotecarie, può risultare molto oneroso qualora siano presenti molte note e molti passaggi di proprietà. In alternativa, è possibile richiedere al notaio la redazione della Relazione Notarile Ventennale, che sostituisce a tutti gli effetti il Certificato.

Documentazione condominiale

  • Regolamento di condominio (in caso di unità immobiliare condominiale)
    (Non obbligatoria per il rogito, ma sarebbe necessario per la Due Diligence, sopratutto se si tratta di “regolamento contrattuale”)

    Il regolamento di condominio, spesso sottovalutato, è importante perché può elencare alcuni divieti di cui l’acquirente deve essere messo a conoscenza. Non è raro trovare divieti e limitazioni all’uso delle parti private, soprattutto se il regolamento è di tipo contrattuale e non assembleare. Il primo (regolamento contrattuale), in genere stabilito dal costruttore o dal proprietario dell’intero immobile o, ancora, dalla unanimità dei condòmini in assemblea, può imporre delle limitazioni alle parti private esclusive (cioè non solo alle parti comuni) e può vietare ad esempio alcune destinazioni d’uso (ad es. possono essere vietati gli usi promiscui ad ufficio, i laboratori dentistici, etc.), cosi come può limitare alcuni diritti della sfera soggettiva (ad es. divieto di suonare uno strumento musicale). Il secondo (regolamento assembleare), invece, costituito a maggioranza, non può incidere sulle parti private esclusive, ma può indicare dei vincoli o dei divieti che potrebbero non essere accettabili da parte del futuro acquirente.

    E’ da segnalare che il regolamento contrattuale deve essere esplicitamente allegato o riportato nell’atto di compravendita e, in genere, è anche trascritto in Conservatoria. Pertanto, questo tipo di regolamento sarà comunque portato all’attenzione dell’acquirente dal notaio che effettuerà le verifiche sui vincoli cui l’immobile è soggetto. Tuttavia, come già segnalato, il notaio entrerà in gioco solo in un secondo momento, percui sarebbe opportuno che l’acquirente richieda una copia del regolamento condominiale prima di proporre un’offerta per l’unità immobiliare.

  • Ultimi verbali di assemblea ordinaria e straordinaria (meglio se gli ultimi due verbali di ogni tipo)
    (Eventuale. Non obbligatori per il rogito, ma sarebbero utili per la Due Diligence)

    I verbali di assemblea ordinaria e straordinaria possono dare un’idea del tipo di attività, spese, decisioni e gestione del condominio. Non sono documenti strettamente importanti e possono non essere richiesti, a patto che nell’atto di compravendita (e soprattutto nelle clausole sospensive) l’acquirente richieda che il venditore si faccia carico delle spese ordinarie e straordinarie deliberate prima della firma dell’atto di compravendita.

  • Bilancio consuntivo condominiale e riparto millesimale ultimo esercizio
    (Eventuale. Non obbligatorio per il rogito, ma sarebbe utile per la Due Diligence)

    Anche in questo caso, il bilancio non è strettamente necessario ai fini della proposta di acquisto. Tuttavia, l’ammontare delle spese condominiali mensili può essere un valore discriminante per l’acquirente, il quale deve basarsi sulle dichiarazioni del mediatore e/o del venditore per farsi un’idea delle spese ordinarie. Il bilancio di esercizio, invece, è un documento ufficiale e fornisce un dato verificabile.

  • Tabelle millesimali (proprietà, riscaldamento, etc.)
    (Eventuale. Non obbligatorie per il rogito, ma sarebbero utili per la Due Diligence)

    La tabella millesimale può non essere unica, ma possono esistere varie tabelle in funzione dell’uso. Ci sono tabelle di proprietà, tabelle di riscaldamento, tabelle di ascensori, etc. Conoscere i diversi tipi di millesimi dell’unità che si sta per acquistare non incide sul valore dell’immobile, ma può fornire un’indicazione dell’incidenza delle future spese ordinarie e straordinarie che si dovranno affrontare una volta entrati in possesso del bene.

  • Attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso 50.
    (Eventuale. Non obbligatoria per il rogito, ma sarebbe utile per la Due Diligence)

    Questo strumento importante, messo a disposizione del condòmino dalla nuova Riforma del Condominio, consente allo stesso di poter richiedere informazioni sullo stato dei pagamenti e delle liti in corso. In questo modo è possibile sapere se nel condomìnio sono presenti situazioni di morosità o insolvibilità. Il futuro acquirente, che non può avvalersi di questo strumento dato che non è ancora ovviamente un condòmino, se lo ritiene utile e se l’attuale proprietario è disponibile, può chiedere al venditore di farsi rilasciare dall’amministratore di condominio tale dichiarazione, in modo che possa valutare anche gli aspetti relativi ai contenziosi e ai debiti comuni.

Documenti proprietà

I documenti di identità dell’attuale proprietà non sono rilasciati all’acquirente ma al notaio, nel momento in cui questi dovrà accertare l’identità delle parti. Si elencano qui solo a titolo di completezza, ad indicazione degli ulteriori documenti che il venditore dovrà fornire per la corretta conclusione della compravendita:

  • copia documento di riconoscimento in corso di validità della parte promittente venditrice e copia codice fiscale;
  • in caso la parte promittente venditrice sia una società: visura camerale della società, documento di riconoscimento del legale rappresentante e, salvo sia amministratore unico, verbale di attribuzione dei poteri;
  • certificato di stato civile;
  • eventuale estratto di riassunto dell’atto di matrimonio.

Condizioni sospensive e risolutive della Proposta d’Acquisto.

Come spiegato inizialmente, per tutelarsi durante una Proposta di Acquisto qualora l’acquirente valuti che manchino delle informazioni o dei documenti, questi può (e in alcuni casi dovrebbe) avvalersi della disciplina della condizione, indicando nella Proposta una o più condizioni che subordinano l’efficacia della stessa all’avveramento della condizione. Dato che, come si diceva, la Proposta di acquisto diventa immediatamente un Preliminare di vendita (con tutte le conseguenze e le spese che conseguono) nel momento in cui il venditore accetta, può essere opportuno che l’acquirente inserisca una o più clausole. E’ però necessario distinguere i due tipi principali di condizioni (senza scendere nel dettaglio delle altre fattispecie di condizioni e nelle interpretazioni di dottrina e giurisprudenza): la condizione risolutiva (da non confondersi con la clausola risolutiva espressa) e la condizione sospensiva.

Con una condizione risolutiva, il contratto è efficace sin da subito ma si risolve (cioè decade, e retroattivamente) se la condizione si avvera nel futuro 51. Una Proposta di acquisto subordinata a questo tipo di condizione, qualora la Proposta sia accettata dal venditore e quindi diventi automaticamente un Preliminare di vendita, è di fatto subito valida (tecnicamente, il contratto è efficace fino all’avverarsi della condizione).

Con una condizione sospensiva, il contratto è sospeso fino all’avverarsi della condizione (tecnicamente, il contratto è efficace da quando la condizione si avvererà) 52. Una Proposta di acquisto subordinata a condizione sospensiva, anche qualora la Proposta sia accettata dal venditore, non diventa automaticamente Preliminare di Vendita finché non si avverano le condizioni. Una condizione sospensiva, salvo casi particolari, dovrebbe essere normalmente accompagnata da un termine temporale, altrimenti c’è il rischio che si configuri un danno per una delle due parti 53.

E’ da notare che una condizione può essere scritta sia in forma sospensiva, sia in forma risolutiva. Prendete questo esempio:

  • acquisterò l’immobile se il venditore otterrà il permesso di costruire (condizione sospensiva);
  • acquisto l’immobile, ma nel caso in cui il venditore non ottenga il permesso di costruire, verranno meno gli effetti dell’atto (condizione risolutiva).

L’oggetto della condizione è lo stesso, ma il tipo di efficacia del contratto è diverso. La scelta del tipo di condizione dipende dalle necessità delle parti e dalla contrattazione.

Si sottolinea anche che le Proposte d’acquisto contenenti anche una sola condizione sospensiva interrompono il diritto alla provvigione del mediatore o dell’Agenzia fino a che la condizione non si avvera 54. Viceversa, le Proposte contenenti una o più condizioni risolutive, dato che sono efficaci da subito, danno diritto alla provvigione di mediazione analogamente alle Proposte non condizionate 55.

Nell’elenco seguente sono elencate, non esaustivamente, alcune condizioni che possono essere incluse nella Proposta d’Acquisto e/o nel Contratto Preliminare di Compravendita:

  • ottenimento di tutta o di parte della documentazione elencata precedentemente (documentazione di provenienza; urbanistico-edilizia; tecnica; catastale; ipotecaria; condominiale), che dovrà anche essere valida;
  • indicazione del termine entro il quale la parte promittente venditrice è tenuta ad accettare la Proposta d’Acquisto, con indicazione delle modalità di comunicazione dell’accettazione con data certa (fax, email, raccomandata);
  • indicazione che la caparra sarà di tipo penitenziale e non confirmatoria in sede di Proposta d’Acquisto, e che sarà di tipo confirmatorio e non penitenziale in sede di Contratto Preliminare di Compravendita. Tale opzione non è necessariamente vantaggiosa per l’acquirente, dato che i due tipi di caparra (penitenziale e confirmatoria) danno origine ad obblighi diversi. Pertanto, il tipo di caparra da indicare dipenderà dalle necessità contrattuali del promissario acquirente;
  • indicazione, a carico del mediatore/agente, di una obbligazione di farsi parte attiva per ottenere tutti i documenti necessari dalla proprietà;
  • obbligo di indicazione della percentuale di mediazione (ad es.: 50% alla firma del Contratto Preliminare di Compravendita, e 50% alla data di trascrizione del Contratto Definitivo di Compravendita ai Registri Immobiliari), escludendo esplicitamente qualsiasi altro compenso (ad es. il diritto al rimborso spese, che sarà da ricomprendersi nella percentuale);
  • [solo nei casi di cessioni soggette ad imposta di Registro (non soggette ad IVA) nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali; e solo per immobili ad uso abitativo] obbligo di indicazione che la parte promissaria acquirente ha fatto richiesta di applicare il c.d. “prezzo-valore” ai fini del calcolo delle imposte di registro, ipotecarie e catastali;
  • inesistenza di diritti di terzi non trascritti (ad es: assegnazione a coniuge separato o diritto di abitazione del coniuge superstite) o di vincoli locativi;
  • obbligo di indicazione nel Contratto Definitivo di Compravendita dell’obbligo in capo alla parte promittente venditrice di sostenere le spese condominiali straordinarie qualora queste siano state deliberate prima della data della trascrizione presso i RR.II. del Contratto Definitivo di Compravendita;
  • obbligo di riportare nel Contratto Definitivo di Compravendita le condizioni sospensive elencate nel Contratto Preliminare di Compravendita.
  • ottenimento della concessione di un mutuo ipotecario per la parte promissaria acquirente;
  • indicazione dell’obbligo di trascrizione del Contratto Preliminare di Compravendita 56;
  • inesistenza di cause condominiali 57;
  • inesistenza fra i condòmini di soggetti falliti 58;
  • regolare presentazione di dichiarazioni fiscali, pagamento di imposte dirette e/o indirette sulla casa;
  • caparra penale che tenga conto delle eventuali perdite date da mancata esecuzione del rogito per causa imputabile al venditore 59;
  • previsione di una penalità per ritardata consegna (inadempimento lieve) dell’immobile entro un determinato periodo di tempo, oltre il quale l’ inadempimento diventa grave, con diritto alla risoluzione contrattuale.

Citazione articolo

Per citare questo articolo, usate il seguente codice:

@article {bonfanti2016acquistarecasa,
    author = {André Bonfanti},
    title = {{Acquistare casa: verifiche preliminari, proposta e clausole}},
    journal = {Form Follow Science - ISSN 2499-8524},
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    note = {Last modified: 2023.11.18}
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  1. Il “promissario” è letteralmente, come da vocabolario, la “persona a favore della quale è fatta una promessa, spec. unilaterale”, mentre con “promittente” si indica la “persona che si obbliga verso un’altra con una promessa, spec. unilaterale”. In ambito immobiliare si usano generalmente le diciture promittente venditore e promissario acquirente, per indicare rispettivamente colui che intende vendere un bene e colui che intende comprarlo. Tuttavia, in giurisprudenza, in letteratura e in alcuni modelli di contratto preliminare, si trova anche la dicitura di promittente acquirente, inteso come colui che promette di comprare. Nei modelli prestampati di proposta di acquisto si trova anche la dicitura di “proponente”, inteso come colui che propone l’offerta e le condizioni al “venditore”. ↩︎

  2. “Espressione («dovuta diligenza») che si riferisce all’attenzione e alla cura che si dovrebbero prestare, in maniera ragionevole, prima di stipulare un accordo con una controparte. In ambito economico o commerciale, la d. d. rappresenta un approfondimento, una verifica di un potenziale investimento, ed è finalizzata a confermare oppure a smentire tutti i fatti, gli elementi e le circostanze che attengono a una data operazione (per es., una compravendita). Più chiaramente, è un processo organizzato di raccolta e di analisi di informazioni dettagliate di varia natura, in ordine a una determinata attività economica, allo scopo di pervenire a una valutazione attendibile di tale attività, quindi di esprimere un giudizio motivato sulla fattibilità versus la rischiosità dell’operazione che le controparti intendono porre in essere.” (cfr. Enciclopedia Treccani - Dizionario di Economia e Finanza). ↩︎

  3. In base al contesto e ad alcune condizioni si può chiamare anche “Proposta irrevocabile d’acquisto”, “Offerta d’acquisto”; etc. ↩︎

  4. Guida CNN, Garanzia preliminare, pagg. 2-4. ↩︎

  5. Art. 1385 Cod. Civ. - Caparra Confirmatoria. ↩︎

  6. Art. 2932 Cod. Civ. - Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto. ↩︎

  7. Ai sensi dell’art. 1755 Cod.Civ., il mediatore (“colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcune di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza” - art. 1754 Cod. Civ.) ha “diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”. Per giurisprudenza consolidata, il contratto preliminare può considerarsi “atto conclusivo dell’affare”, che costituisce tra le parti un vincolo giuridico che fa sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione. Poiché la comunicazione all’acquirente dell’avvenuta accettazione della proposta da parte del venditore trasforma la “Proposta d’Acquisto” in “Contratto Preliminare”, da quest’ultimo deriva automaticamente la conclusione dell’affare e quindi l’agenzia avrà diritto alla provvigione. Vedi anche questo articolo in tema di provvigione nella mediazione immobiliare↩︎

  8. Per i vizi materiali occulti, l’art. 1490, comma 1, del Cod. Civ. stabilisce che “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. L’azione di questo articolo è soggetta al termine di prescrizione di 1 anno dalla consegna dell’immobile e alla decadenza di 8 giorni dalla scoperta per la denuncia dei vizi, il cui decorso provoca l’estinzione del diritto dell’acquirente di far valere la garanzia del Codice Civile (art. 1495 Cod. CIv. - Termini e condizioni per l’azione). Qualora l’acquirente non provveda a denunciare i vizi nei termini indicati (entro 1 anno dalla consegna e entro 8 giorni dalla scoperta del vizio) non può più far valere la garanzia per i vizi. ↩︎

  9. Art. 1490 Cod. Civ. - Garanzia per i vizi della cosa venduta. ↩︎

  10. Art. 1489 Cod. Civ. - Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi. ↩︎

  11. Cfr. anche Corte di Cassazione, II Sezione, Sentenza del 28 giugno 2012, n. 10947. ↩︎

  12. Art. 1754 Cod. Civ. - “è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”. ↩︎

  13. Art. 1759 - “Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso. Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite”. ↩︎

  14. Cfr. Suprema Corte di Cassazione - Sezione II - Sentenza del 6 novembre 2012, n. 19075. Massima: “In tema di responsabilità del mediatore, non rientra nella comune ordinaria diligenza, alla quale il mediatore deve conformarsi nell’adempimento della prestazione ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., lo svolgimento, in difetto di particolare incarico, di specifiche indagini di tipo tecnico giuridico, dovendosi ritenere pertanto che in caso di intermediazione in compravendita immobiliare, non può considerarsi compreso nella prestazione professionale del mediatore l’obbligo di accertare, previo esame dei registri immobiliari, la libertà dell’immobile oggetto della trattativa da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli”. ↩︎

  15. Corte Suprema di Cassazione - V Sezione Penale - Sentenza del 26 marzo 2012, n. 11628. ↩︎

  16. Cfr. Corte di Cassazione - II Sezione Civile - Sentenza del 15 marzo 2012, n. 3892. ↩︎

  17. Ad esempio, in un appartamento il locale bagno e la cucina sono direttamente comunicanti tramite “una” porta; non è una grave difformità e il notaio procede comunque con l’atto. Successivamente, il nuovo proprietario scopre che il regolamento edilizio comunale richiede che tra il locale igienico e la cucina deve esistere un disimpegno, ovvero un locale che separi con “due” porte il bagno dalla cucina. Se questo proprietario vuole avere un immobile completamente in regola, dovrà fare un adeguamento edilizio, e forse si renderà conto che questa verifica avrebbe potuto farla prima di comprare l’appartamento, magari chiedendo uno sconto maggiore sul prezzo. ↩︎

  18. Cfr. Art. 1353 Cod. Civ. - Contratto condizionato. ↩︎

  19. Ad es., se è pacifico e comunemente accettato che sia inserita una condizione sospensiva riguardante l’ottenimento di un mutuo da parte dell’acquirente, senza il quale la vendita non può andare a buon fine per ovvi motivi, non è altrettanto pacifico l’inserimento di una condizione sospensiva relativa alla consegna da parte del venditore dell’atto di fabbrica dell’immobile, che è un documento non richiesto dalla legge ai fini della stipula di un rogito. In questi casi, le proposte subordinate a condizioni o a verifiche eccessivamente gravose per il venditore, soprattutto se implicano tempi di attesa molto lunghi, rischiano di non essere accettate dal venditore, il quale accetterà proposte d’acquisto da acquirenti meno esigenti. ↩︎

  20. Cfr. Tribunale di Torino - III Sezione Civile - Decreto 26 settembre 2014, n. 2298. ↩︎

  21. “Dato che il precedente proprietario ha dichiarato nel rogito che l’unità immobiliare era in regola dal punto di vista edilizio, e io non ho fatto lavori o modifiche edilizie, anche io posso dichiarare tranquillamente che è tutto in regola dal punto di vista della conformità edilizia”. ↩︎

  22. In questa lettera, normalmente, il Comune non scriverà che “non esistono” domande di concessione in sanatoria, ma solo che “non sono state trovate”; questa formulazione serve a tutela della Pubblica Amministrazione, che in genere non dichiara la “non esistenza”, ma solo la “non reperibilità”. A volte, infatti, gli atti edilizi esistono (o sono esistiti), ma non è più possibile recuperarli, ad esempio perché gli archivi sono stati distrutti, persi, spostati, o per una materiale difficoltà di ricerca negli archivi. ↩︎

  23. Gli atti di fabbrica contengono i disegni originali e le eventuali relazioni, ricevute dei contributi, tabelle di calcolo, inserimenti fotografici, dichiarazioni, etc. ↩︎

  24. Ad esempio, un appartamento in un edificio del 1960 è stato modificato internamente nel 2000 dal Signor A. senza avere presentato le necessarie pratiche edilizie, e viene rivenduto l’anno dopo al Signor B., “dichiarando” che l’appartamento è in regola con la normativa. Il Signor B. esegue a sua volta altre modifiche all’appartamento, ma presentando una pratica edilizia. Questa pratica edilizia si basa in realtà su uno stato di fatto non legittimato, cioè si basa sull’appartamento cosi come il Signor A. lo aveva modificato abusivamente. ↩︎

  25. Data di introduzione della licenza edilizia, con la Legge Urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150. ↩︎

  26. Cfr. Legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31, comma 1, “Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificare la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del Comune”. ↩︎

  27. Vedi l’originario art. 31, comma 1, della legge 1150/1942 (cd. “Legge Urbanistica”). ↩︎

  28. Data di entrata in vigore della legge 765/1967 (cd. “Legge Ponte”), che estendeva la licenza edilizia anche fuori del “centro abitato”, quindi all’intero territorio comunale. ↩︎

  29. Data di entrata in vigore della legge 10/1977 (cd. “Legge Bucalossi”), che ha introdotto la concessione edilizia in sostituzione della licenza edilizia. ↩︎

  30. Data di entrata in vigore del Testo Unico in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/2001 che introduce il Permesso di Costruire in sostituzione della Concessione Edilizia. ↩︎

  31. D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 24, comma 1 - “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”. ↩︎

  32. Cfr. la Sentenza del Consiglio di Stato del 26 agosto 2014, n.4309, ove si legge che “[…] come ribadito da recentissima giurisprudenza (Cons. Stato Sez. IV n. 1220/2014) non v’è necessaria identità di “disciplina” tra titolo abilitativo edilizio e certificato di agibilità: i detti diversi provvedimenti qui rilevanti, sono collegati a presupposti diversi e danno vita a conseguenze disciplinari non sovrapponibili. Infatti, il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (come espressamente recita l’art. 24 del Testo unico dell’edilizia), mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio. Il che comporta che i diversi piani ben possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative, sia in quella patologica di una loro divergenza (si ricordano episodi giurisprudenziali in cui si è affermata l’illegittimità del diniego della agibilità motivato unicamente con la difformità dell’immobile dal progetto approvato – Consiglio di Stato, sez. V, 6 luglio 1979 n. 479 – oppure, in senso opposto, l’irrilevanza del rilascio del certificato di agibilità come fatto ostativo al potere del sindaco di reprimere abusi edilizi – id., 3 febbraio 1992 n. 87 – o alla revoca di un eventuale precedente ordine di demolizione delle opere – id., 15 aprile 1977 n. 335).”. ↩︎

  33. Cfr. Legge 22 dicembre 1888, n. 5849, art. 39. ↩︎

  34. Regio Decreto del 27 luglio 1934, n. 1265, modificato poi dal D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425. ↩︎

  35. D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 24, comma 3: “[…] il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività, o i loro successori o aventi causa, sono tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilita”. ↩︎

  36. Legge 9 agosto 2013, n. 98 - “Conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, art. 30, comma 1, lettera g. ↩︎

  37. Cfr. alcuni approfondimenti sugli obblighi in capo al venditore riguardo al rilascio del certificato, in particolare “Il certificato di agibilità nella contrattazione immobiliare “, oppure “Immobile: il mancato rilascio del certificato di agibilità è danno emergente “. ↩︎

  38. Corte di Cassazione, II Sezione Civile, Sentenza del 14 gennaio 2014, n. 629. ↩︎

  39. Corte di Cassazione, II Sezione Civile - Sentenza 6 luglio 2011, n.14899. ↩︎

  40. Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, art. 6, comma 2. ↩︎

  41. Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, art. 6, comma 3. ↩︎

  42. Comune di Milano - Regolamento Edilizio adottato con Deliberazione n. 9 del 14 aprile 2014, approvato con Deliberazione n. 27 del 2 ottobre 2014, pubblicato sul BURL Serie Avvisi e Concorsi n. 48 del 26 novembre 2014. ↩︎

  43. Nuovo Regolamento Edilizio di Milano, art. 11, comma 6. ↩︎

  44. Consegnando le dichiarazioni di conformità, N.d.R. ↩︎

  45. Guida CNN, Acquisto certificato, pagg. 12-13. ↩︎

  46. Cfr. Notaio Ricciardi nell’articolo “Abrogazione dell’obbligo di allegazione al rogito del certificato di conformità degli impianti " (consiglionotarilevenezia.it). ↩︎

  47. Proposta legittima dato che un ufficio ed una abitazione possono avere caratteristiche strutturali simili e quindi questo tipo di unità immobiliare può essere sfruttata in entrambi i modi. L’importante è che l’unità, dal punto di vista urbanistico-edilizio, abbia la destinazione d’uso corretta in funzione dell’uso finale. ↩︎

  48. Ad es. perché un tecnico ha proceduto a fare un cambio di categoria catastale in base all’utilizzo che egli ha rilevato sul luogo (appartamento civile e quindi A/2), senza appurare cosa era stato dichiarato dal punto di vista urbanistico-edilizio. ↩︎

  49. Ad es., senza un occhio allenato e senza strumenti di misura, il proprietario potrebbe non accorgersi che una loggia rappresentata in planimetria è, nella realtà, più profonda, anche se visivamente appare uguale. In questo caso, si potrebbe presentare un problema legato al perimetro dell’unità immobiliare, e quindi alla sua consistenza, sul quale il notaio non può sorvolare. ↩︎

  50. Cosi come definito dal comma 9 dell’art. 1130 C.C. ↩︎

  51. Ad es.: “Ti concedo di occupare il mio appartamento fino a quando mi sposerò”. In questo caso, un ipotetico contratto di comodato d’uso tra il proprietario ed un suo amico è subordinato ad una condizione risolutiva per la quale il contratto è valido da subito (l’amico può utilizzare da subito l’appartamento) ma si risolve (l’amico deve lasciare l’appartamento) nel momento in cui la condizione si avvera (il proprietario si sposa). ↩︎

  52. Ad es.: “Acquisterò l’unità immobiliare solo se la parte venditrice otterrà e mi consegnerà tutte le certificazioni di conformità degli impianti”. In tal caso, l’acquirente acquisterà dei diritti sull’unità immobiliare solo dal momento in cui la condizione si avvera, ovvero solo da quando otterrà i certificati. ↩︎

  53. Ad es., si pensi alla condizione sospensiva relativa ad un mutuo, per la quale l’acquirente subordina l’acquisto di un appartamento all’ottenimento di un mutuo bancario. Fino a quando la banca non approva l’erogazione del mutuo, il venditore rischia di essere vincolato con l’acquirente per molto tempo; se questi non ottiene il mutuo, il venditore ha perso la possibilità di mostrare e chiudere la trattativa con altri potenziali acquirenti durante il tempo di attesa. Percui, è prassi fissare un termine entro il quale l’acquirente deve ottenere una risposta dalla banca). ↩︎

  54. Art. 1757, comma 1, Cod. Civ. - Provvigioni nei contratti condizionali o invalidi. ↩︎

  55. Art. 1757, comma 2 e 3, Cod. Civ. - Provvigioni nei contratti condizionali o invalidi. ↩︎

  56. La trascrizione, che comporta un maggior costo per la parte promissaria acquirente, può rappresentare un indubbio vantaggio. Se il promittente venditore fallisce oppure vende il medesimo immobile ad un diverso acquirente, oppure viene iscritto un diritto pregiudizievole (ad es. un’ipoteca), solo chi ha trascritto il Contratto Preliminare può essere tranquillo di non perdere la caparra data o l’immobile acquistato, o entrambe. Dato il costo elevato della trascrizione del Contratto Preliminare, se ne consiglia l’uso qualora ci siano forti rischi (per es. quando si fornisce una caparra cospicua o se si prevede che passi molto tempo tra il Contratto Preliminare e il rogito definitivo). ↩︎

  57. La perdita della causa può comportare il rischio di costi imprevisti. ↩︎

  58. Il mancato pagamento delle rate potrebbe essere ridistribuito sugli altri inquilini. ↩︎

  59. Spese per doppi traslochi; recupero della provvigione già pagata al mediatore; perdita di caparre e provvigioni se la parte promissaria acquirente si fosse impegnata in origine a vendere la propria unità immobiliare abitativa confidando sul buon fine di questo acquisto. ↩︎

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Ultima modifica: 18.11.2023
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