Verso architetture resilienti 4: la Geometria della Resilienza
(Traduzione dall’originale: [www].metropolismag.com/Point-of-View/August-2013/Toward-Resilient-Architectures-4-The-Geometry-of-Resilience ).
Abbiamo già descritto quattro caratteristiche chiave delle strutture resilienti nei sistemi naturali: diversità; struttura a rete; distribuzione tra scale e la capacità di auto-adattarsi e “auto-organizzarsi”. Abbiamo mostrato come queste caratteristiche possono permettere ad una struttura di adattarsi agli shock e ai cambiamenti che potrebbero altrimenti rivelarsi catastrofici (vedi il post intitolato Lezioni di Biologia) .
Abbiamo anche sostenuto che un futuro più resiliente per l’umanità dovrà richiedere nuove tecnologie che incorporino proprio queste caratteristiche. Come risultato, la progettazione ambientale, in particolare, è destinata a cambiare radicalmente.
Queste caratteristiche desiderabili non esistono come entità astratte. Esse sono invece incorporate nelle geometrie fisiche del nostro mondo - nel rapporto tra gli elementi nello spazio. Come vedremo più avanti, queste geometrie emergono in genere dai processi che generano resilienza, ma a loro volta creano - o distruggono - la capacità di resilienza nel loro piccolo. Quindi, se vogliamo un futuro più resiliente, dobbiamo prima capire queste geometrie e i processi tecnologici ed economici che le producono.
Il ruolo fondamentale delle “morfogenesi adattive”
Oggi, le scienze biologiche ci spiegano che tutte e quattro le caratteristiche resilienti sono aspetti di un più fondamentale processo naturale di adattamento fine, che produce una crescita differenziata. Questa è l’essenza del processo evolutivo attraverso il quale i sistemi biologici riescono a raggiungere forme incredibilmente complesse, che presentano anche notevole capacità di recupero a fronte di disordini caotici ambientali. Il pioniere Christopher Alexander si riferisce a questo processo come “morfogenesi adattiva” - la generazione della forma attraverso un processo graduale di trasformazione evolutiva. Questa forte capacità di morfogenesi adattiva è al centro dello sviluppo sano e sostenibile in entrambi i sistemi naturali e umani. Alexander sostiene che senza questa capacità sistemica intrinseca, a prescindere da quante soluzioni sostenibili “pronte all’uso” possiamo impiegare ["bolt-on": “imbullonate”, “per aggiunte” N.d.T.], ci dirigeremo inevitabilmente verso un disastro ecologico (questo argomento specifico è discusso in La Tecnologia Radicale di Christopher Alexander).
Alexander dimostra anche che la morfogenesi adattiva è strettamente associata con certe geometrie, che egli identifica in 15 classi di proprietà geometriche. Queste geometrie emergono dal processo, ma influenzano anche la progressione del processo. Se le forme geometriche sono vincolate, allora il processo di generazione della forma è esso stesso vincolato, e viceversa. In un certo senso, quindi, la forma e il processo che la crea sono due facce della stessa medaglia.
Noi non entreremo qui nel dettaglio delle analisi di Alexander, che sono molto estese (oltre 2.000 pagine in quattro volumi del suo opus magnum, The Nature of Order). Ma possiamo descrivere diverse categorie di queste geometrie, e sottolineare alcune importanti implicazioni per la resilienza dell’ambiente umano e la sua capacità di promuovere il benessere. Insieme, questi elementi geometrici compongono ciò che descriveremo come La Geometria della Resilienza.
Ciò che sarà evidente è che queste geometrie sono le controparti delle quattro caratteristiche di resilienza: diversità; strutture a rete; distribuzione tra scale, e la capacità di auto-adattamento e di “auto-organizzazione”. Esse sono:
1. Geometrie di simmetrie differenziate. La diversità è creata attraverso piccoli cambiamenti adattativi che nascono con lo sviluppo graduale della struttura. Ad esempio, ogni fiore in un vasto prato è leggermente diverso da tutti gli altri. Il codice genetico di un individuo è anche leggermente diverso da tutti gli altri (eccetto nel caso di cloni). Questa differenziazione produce anche altre geometrie familiari, come la simmetria locale: per esempio, i nostri corpi hanno due mani e due gambe. L’evidenza suggerisce che la capacità di percepire questo tipo di simmetria (insieme ad altri aspetti correlati) è un aspetto molto importante della nostra psicologia evolutiva, ed è un attributo naturale che promuove il benessere umano. La presenza di simmetria generata attraverso la differenziazione sembra anche essere essenziale per la resistenza strutturale; senza di essa, il risultato è una rigidità senza vita. La differenziazione introduce contrasto, e le simmetrie introducono raggruppamenti, che mitigano l’uniformità.
2. Geometrie di reti. La differenziazione con connettività tende a produrre strutture gerarchiche, ma soprattutto, queste strutture sviluppano anche molte relazioni intrecciate ridondanti che appaiono irregolari a scala più ampia. Tuttavia, questa irregolarità non è un difetto, ma una caratteristica essenziale delle complesse strutture di rete. Questa struttura a rete è anche una caratteristica chiave dei vividi contesti umani, in cui il movimento è interessante per la combinazione delle connessioni e delle varietà, e per la possibilità di percepire molteplici relazioni ambigue. Inoltre, tali collegamenti funzionano come frattali, collegando insieme liberamente tutte le scale, in modo non deterministico. La libertà di scala significa che il sistema funziona altrettanto bene su tutte le scale spaziali e temporali - non c’è una scala che predomina.
3. Geometrie di simmetria frattale. La differenziazione nella morfogenesi di piante e animali spesso si traduce in forme auto-simili distribuite a diverse scale, e queste forme auto-simili sono conosciute come “frattali”. Tronchi d’albero sembrano rami che sembrano ramoscelli; grandi vene sembrano piccoli capillari, e così via. Altre forme di differenziazione (ad esempio tra le specie) producono analoghe auto-similarità attraverso diverse scale (per esempio grandi alberi spesso sembrano piccole piante, ecc.). Questa simmetria di scala contribuisce alla stabilità strutturale. La capacità di percepire la simmetria frattale è anche un elemento importante nella psicologia evoluzionistica, ed è un attributo essenziale della qualità “biofila” dell’ambiente umano - che, quando applicato alla sfera pubblica, permette lo sviluppo di caratteristiche resilienti come la pedonabilità, la vivibilità e la vitalità.
4. Geometrie di raggruppamenti adiacenti. Il processo di auto-organizzazione richiede l’interazione tra regioni adiacenti nello spazio, le cui interazioni creano confini differenziati. Questi gruppi sono relativamente poco numerosi, e gerarchicamente raggruppati nello spazio. Per esempio, una regione più ampia tenderà ad essere circondata da regioni più piccole, ciascuna delle quali sarà circondata da regioni più piccole, e così via. Non è un caso che anche il nostro sistema cognitivo utilizzi tali raggruppamenti base (chiamati “blocchi” dagli psicologi). Questa è la ragione per cui la maggior parte delle persone sembra preferire semplici e proporzionali relazioni in un gruppo: sono più facilmente percepiti all’interno del nostro ambiente, e promuovono il nostro benessere emotivo e fisiologico. Allo stesso modo, a causa della naturale formazione di confini e di gruppi di confini, c’è una apparente preferenza innata per riquadri, divisioni e altri dettagli ornamentali, che definiscono le relazioni gerarchiche tra le regioni dello spazio. Lungi dall’essere superflui nel design, questi elementi sembrano aiutare la nostra capacità di percepire le relazioni coerenti tra le regioni dello spazio.
Perché queste quattro geometrie sono associate con la resilienza? Come appare evidente nella nostra precedente discussione, queste forniscono una maggiore capacità di adattarsi con successo agli sconvolgimenti caotici. Nell’esempio della fibra di legno (Figura 1), la ridondanza delle simmetrie, la loro rete di collegamenti, la loro efficiente distribuzione frattale e il raggruppamento dei gruppi cellulari, aiutano tutti notevolmente la resilienza strutturale del legno, nella sua capacità di resistere allo stress degli eventi caotici (nel caso del legno, potenti tempeste di vento).
Tipologie ricorrenti e informazioni genetiche
Cosa causa il ripetersi delle molte caratteristiche geometriche che osserviamo in natura? Un meccanismo è la ricapitolazione adattiva. L’evoluzione biologica spesso recupera soluzioni precedenti, per il semplice fatto che gli stessi problemi si ripetono comunemente - e quindi le soluzioni adattative sono uguali. Ad esempio, la pinna dorsale del delfino ricopia la pinna dorsale di squalo di 300 milioni di anni prima, perché i problemi di turbolenza e idrodinamica in natura sono invariati.
Allo stesso modo, anche le possibili soluzioni ai problemi della convivenza all’interno di un gran numero di persone - all’interno delle città - hanno molti aspetti ricorrenti che sono notevolmente stabili attraverso secoli di esperienza umana (ad esempio, le dinamiche delle reti urbane continuano a comportarsi in modi simili e i modelli di reti urbane ricorrono frequentemente in molte epoche e condizioni). I matematici si riferiscono a tali modelli ricorrenti spaziali come “attrattori”. Cosi, geometrie di modelli ricorrenti o tipologie sono visibili in tutto il mondo naturale.
Un altro importante meccanismo che riproduce le forme è il codice genetico. Quando le soluzioni sono scoperte attraverso un laborioso processo adattivo graduale, il risultato incorpora preziose informazioni sottoforma di “modello”. In molti casi, questo modello è riutilizzabile, cosa che consente di risparmiare una grande quantità di tempo, energia e sforzo. La natura ha scoperto come replicare i modelli organici attraverso l’informazione genetica immagazzinata - che noi chiamiamo “vita”.
Qualcosa di simile accade all’interno delle tecnologie umane. Noi codifichiamo informazioni genetiche come “modelli” o “tipi”, che sono poi espressi attraverso processi differenziati. Il risultato è un insieme affidabile di modelli generativi, che assumono forme infinitamente variabili, attraverso una miriade di culture, tempi e luoghi. Vi è un ampio campo di applicazione all’interno di questo processo generativo per la più grande delle arti umane, e per una profonda e audace avventura nel design.
O meglio, dovremmo dire, ciò è avvenuto per la maggior parte della storia umana, fino all’inizio del secolo scorso - l’epoca in cui abbiamo cominciato a sperimentare una perdita, forse catastrofica, di resilienza e di sostenibilità tecnologica.
La perdita “moderna” dei tipi genetici e delle forme differenziate
Oggi possiamo affrontare una scoperta preoccupante - la spiegazione principale per la perdita di resilienza nel nostro tempo. Il fatto è che quasi tutte le caratteristiche geometriche di cui sopra sono radicalmente diminuite nell’ambiente costruito del secolo passato. Ciò non è un caso. Non è neanche un risultato banale, o addirittura il modesto prezzo del progresso. E’ la conseguenza dell’affidare il destino dell’umanità ai capricci dello stile artistico, le cui fondamenta nacquero a causa dei limiti storici di un regime industriale dell’età del petrolio.
Le atutali tecnologie di progettazione sono limitate da rigidi approcci ideologici che sostituiscono i robusti processi di adattamento con soluzioni in gran parte metaforiche e artistiche. Come abbiamo evidenziato in una serie di articoli, questo è il risultato inevitabile del ruolo “moderno” dei progettisti come apologeti ed esperti in “product packaging” di soluzioni fondamentalmente disadatte ma proficue (e visivamente accattivanti). Inoltre, queste soluzioni rispondono a problemi molto astratti di visual design, non a problemi di progettazione adattiva, e questi due aspetti sono due problemi completamente distinti.
Come spiegavamo (in Verso architetture resilienti 3: come il Modernismo è diventato (s)quadrato), la tecnologia industriale relativamente grezza del secolo scorso (l’era dei combustibili fossili a buon mercato, che si sta avvicinando alla sua inevitabile fine) ha creato distorsioni rilevanti nell’architettura degli insediamenti umani. Si suggeriva, a torto, che soluzioni concentrate di grandi dimensioni fossero sempre migliori, e si offriva un regime adeguato per rifare il mondo alla stregua di una “macchina” più efficiente. Tale distorsione è stata razionalizzata ed è stata accelerata da architetti/artisti, che hanno trovato in sostanza un nuovo e potente ruolo come esperti in marketing industriale ("industrial marketers", N.d.T.) e “confezionatori” di prodotti (“product packagers”, N.d.T.). Hanno ammantato il loro ruolo prosaico con una retorica di arte e progressismo politico, ma era pura fantasia. Il loro effettivo lavoro è stato sponsorizzato e finanziato dalla clientela istituzionale e aziendale, che avevano propri obiettivi e interessi personali molto diversi.
Questa forma di tecnologia pericolosamente limitata ha avuto conseguenze ecologiche devastanti. Alla scala della pianificazione regionale, ha generato periferie tentacolari, segregate e auto-dipendenti. Alla scala degli edifici, il risultato è stato un linguaggio formale che era più adatto alla commercializzazione (discutibile, ma redditizia) di tipologie edilizie con un’immagine futuristica eccitante di quanto non fosse per la creazione diedifici e insediamenti resilienti e reattivi. Infatti, la ricerca post-abitativa sulle prestazioni effettive di molti edifici di quell’epoca, e fino ad oggi, è negativa (come passiamo in rassegna in Verso architetture resilienti 2: non sempre “ecologico” è tale).
È importante sottolineare, in questa discussione, che la tecnologia dell’età del petrolio ha generato una serie di geometrie molto vincolate all’interno dell’ambiente costruito. Secondo la tesi qui presentata, questo risultato limita drasticamente la capacità di morfogenesi adattiva - ingrediente critico degli ambienti resilienti.
Economie di scala/standardizzazione contro economie di luogo/differenziazione
Per capire come siamo arrivati a questa povertà geometrica, abbiamo bisogno di guardare sotto il livello delle geometrie specifiche che i progettisti utilizzano, e considerare i processi economici sottostanti che contribuiscono a generare le geometrie del sistema complessivo. Per i progettisti, è molto rilevante l’eccessivo affidamento su due forme di beneficio economico: le cosiddette economie di scala e le economie di standardizzazione.
Abbiamo notato in precedenza che l’adattamento fine, presente nei sistemi biologici, non è così prevalente nelle tecnologie umane di oggi. Questo perché queste ultime si basano su vantaggiosi processi industriali su larga scala, in modo da raggiungere impressionanti economie di scala. Quelle lavorano sia grazie ai grandi numeri, o grazie ai grandi “formati”. A parità di altri parametri, è molto più economico produrre oggetti identici in grandi quantità che produrli individualmente o in piccoli gruppi. Questo vale per i chip dei computer, le automobili, gli edifici e le loro componenti. Un corollario importante è che realizzare edifici molto più grandi è anche generalmente più economico per unità di spazio (a parità di altre condizioni).
L’altra economia industriale correlata è l’economia della standardizzazione. Henry Ford fu uno dei tanti inventori che sfruttarono la standardizzazione delle parti per ridurre i costi di produzione, nonché il loro utilizzo in sistemi più grandi. Attraverso l’uso della standardizzazione, entrambi gli aspetti della produzione divennero molto meno laboriosi. Ancora una volta, ciò ha contribuito enormemente allo sviluppo di automobili, chip per computer e di edifici a prezzi accessibili. Questa accessibilità degli edifici è stata raggiunta attraverso una elevata standardizzazione delle componenti, e cosi molte parti dei nostri edifici (come molti altri prodotti) sono oggi standardizzate e prodotte in serie: porte, finestre, dettagli, ecc. (questa è la ragione per cui è prematuro, e un pio desiderio nel peggiore dei casi, parlare oggi di una società “post-fordista”).
Lo stesso vale per altri elementi dell’ambiente costruito: stazioni di servizio, centri commerciali, ristoranti fast-food, e persino interi quartieri sono stati standardizzati e omogeneizzati. Gli architetti sono stati occasionalmente coinvolti per aggiungere un po’ di fascino artistico a questa replica sfrenata, senza avere molto potere per sfidarla. Qua e là, occasionalmente, un edificio appare incredibilmente progettato con una nuova estetica creativa, ma questa nasconde sostanzialmente la stessa tipologia di prodotto standardizzato.
Le “economie mancanti”
Anche i sistemi naturali sfruttano le economie di scala e la standardizzazione. Il processo genetico della crescita utilizza componenti genetiche e tipologiche notevolmente standardizzate. Si tratta di strumenti, e aspetti della natura, che sono sicuramente di enorme importanza.
Si noti, tuttavia, che i sistemi naturali si basano su una varietà di altri tipi di economie che per la maggior parte noi non utilizzano nelle nostre tecnologie oggi. Fondamentalmente, queste economie sono necessarie per produrre le caratteristiche geometriche che abbiamo discusso in precedenza - la geometria della resilienza.
Ad esempio, i progettisti tendono a ignorare l’economia di luogo. Trattano il componente di un sistema come se fosse del tutto indipendente dalla posizione fisica in ogni punto del processo di produzione. Naturalmente questa “indipendenza” non è vera, e un’elevata efficienza si ottiene principalmente dalla sola vicinanza del luogo. Inoltre, come queste discussioni cominciano a mostrare, l’adiacenza fisica promuove l’interazione e l’auto-organizzazione - ed è uno dei motori più importanti dello sviluppo economico resiliente ed efficiente delle risorse.
Un’altra forma fondamentale di economia naturale, l’economia di differenziazione, è in gran parte ignorata anche oggi, con profonde conseguenze. La differenziazione crea diversità, che permette un adattamento più efficiente a condizioni variabili, nonché permette di migliorare la capacità di resistere a problemi imprevisti. La differenziazione è una componente fondamentale dell’adattamento, il processo cruciale per l’evoluzione di sistemi naturali resilienti. L’adattamento ha successo quando questa differenziazione risponde a pressioni adattive, e quando si svolge ad una scala relativamente piccola. Purtroppo, le nostre attuali tecnologie umane non sono molto brave in questo - e, di conseguenza, non sono resilienti.
Il punto chiave non è che le economie di scala e la standardizzazione sono necessariamente un male in sé e per sé. E’ che il mondo è diventato pericolosamente dipendente unicamente da questi due particolari fattori, e ha costruito attorno ad essi una enorme civiltà industriale pericolosamente sbilanciata. Il risultato è stato una crescita invidiabile e una prosperità per un po’ nel breve termine - ma nel lungo termine, una probabile perdita catastrofica di resilienza e di benessere.
Il secondo punto, per i progettisti, è che questa perdita si manifesta nelle particolari forme di povertà geometrica che abbiamo discusso, e nella conseguente perdita di capacità di morfogenesi adattiva. Questa povertà geometrica - nella forma e nel processo che la genera - ha di per sé contribuito alla perdita di resilienza negli ambienti umani.
Le riforme a venire
Per definizione, le professioni relative alla progettazione ambientale (urbanisti, architetti, paesaggisti, etc., N.d.T.) hanno la responsabilità dei modelli di insediamento sulla faccia del pianeta, e delle loro caratteristiche resilienti - o della mancanza di esse. Quindi, quelle stesse professioni devono svolgere un ruolo cruciale nella transizione critica verso un mondo più resiliente. Ma noi qui sosteniamo che questo può essere fatto solo attraverso un grande cambiamento del “business as usual”. In particolare, è urgente una rigorosa rivalutazione - un “grande ri-pensamento” come qualcuno lo ha definito - dei fondamenti e delle ipotesi alla base delle “moderne” (ormai centenarie) teorie sull’architettura, l’estetica, il design, e anche della tecnologia stessa.
In questa serie di articoli proponiamo solo una nuova rivalutazione, lasciando giudicare a voi stessi il merito della specifica logica presentata. Abbiamo discusso la prova inquietante di un disastroso ed eccessivo affidamento su semplici concetti geometrici, che hanno comunque contribuito a fornire risultati enormemente redditizi a breve termine. Quel periodo inebriante è stato l’equivalente di una sorta di “schema Ponzi”, che è in ultima analisi insostenibile e non resiliente. Per la civiltà, e molto probabilmente per la sopravvivenza della vita stessa sulla terra, i progettisti dovranno abbracciare una geometria ambientale molto più robusta: la Geometria della Resilienza. Questa è una componente importante verso la necessaria transizione: la ri-strutturazione attenta e adattiva della nostra tecnologia e della nostra economia globale, necessaria per raggiungere una forma di sviluppo umano molto più resistente e più resiliente.